Caso delle misure di prevenzione, il professor Bilotti: “Esiste un’altra Calabria, solidale e garantista”
Bilotti
08 gennaio 2022 09:20di DOMENICO BILOTTI
Ultimamente son dovuto tornare a occuparmi di sorveglianza speciale e prevenzione personale. Il casus belli era determinato dalla proposta di applicazione a tre giovani attivisti cosentini, a vario titolo coinvolti nel sindacalismo di base e nei movimenti per la casa.
Sul caso specifico, colpisce, per fortuna in positivo, la vasta e varia natura della solidarietà espressa: da comuni cittadini di ogni provenienza a forze politiche e organi istituzionali che certo non aderiscono alle prospettive ideologico-sociali dei proposti alla speciale sorveglianza. Mi pare naturale fare una riflessione più di sistema: esiste una Calabria che sa riconoscere i fattori concreti di pericolosità sociale a prescindere dai soggetti ai quali tale marchio si vorrebbe applicare. Bisogna poi ammettere che nella mentalità del legislatore italiano, sin dal Codice Rocco del 1930 (ma anche prima, nello Stato liberale ottocentesco), ci sono sempre state categorie soggettive dubbiamente sospettate, in assenza di ogni prova giurisdizionale contraria, di essere propense a delinquere o a tenere atteggiamenti e condotte di vita in qualche senso stimati incompatibili a canoni e parametri di buon ordine sociale.
Questo sistema avrebbe dovuto essere abbandonato simultaneamente all’entrata in vigore della Costituzione, visto che essa in più punti faceva più o meno espressa tabula rasa dei vecchi principi fascisti (in materia di libertà di pensiero, stampa, corrispondenza e non solo) e il fascismo stesso aveva fatto larghissimo uso di misure irrogate in assenza di delitti: senza fissa dimora, sospettati politici, prostitute – nonostante il fascismo avesse poi in materia di meretricio una legislazione ambiguamente concessiva. Le misure adottate anche in mancanza di sentenze in giudicato e a prescindere dall’emersione di una notizia di reato in senso proprio hanno conosciuto all’opposto significativi revival estensivi e applicativi, quando l’Italia si è trovata ad affrontare emergenze incapace di gestire altrimenti: la sovversione politica, la mafia stragista, più di recente il terrorismo di matrice islamista. Senonché quelle restrizioni non è detto abbiano avuto effetti pragmatici di contrasto a quei fenomeni (anzi, più preziosa ancora l’attività investigativa e la fase propriamente processuale) e soprattutto l’eccezionalità delle misure non ha impedito che esse fossero poi stabilizzate nel sistema normativo, nonostante nascessero proprio per scopi di emergenza interinale.
Certo, alcune tipologie di crimine associato – quello mafioso, quello del terrorismo internazionale, del traffico e della tratta di esseri umani, dell’uso predatorio dei finanziamenti europei e statali – necessitano inevitabilmente di procedimenti e istituti diversi dal comune: un furto di pere non è la sottrazione di milioni di euro alle finanze dello Stato; una scazzottata in discoteca non è un attentato con decine di morti o centinaia di feriti. Purtroppo però la transizione di questi anni, almeno dalla crisi economica e dall’austerity degli anni 2011/2013, ha dimostrato che la sorveglianza speciale ha perso la propria tipica incisività esclusivamente o prevalentemente antimafia, debordando in un paniere in cui le condotte riprovate afferiscono soprattutto al tema dei cd. reati sociali – ricordiamo i fogli di via a pioggia agli attivisti contro l’alta velocità, l’utilizzo della flagranza differita negli stadi, i limiti all’esercizio delle libertà politiche e sociali nello sciopero, nelle contestazioni e nelle occupazioni.
La Calabria di questi mesi e di questi anni, una Calabria piuttosto dignitosa e composta, cioè quella effettivamente garante del buon andamento della vita associata, ci sembra abbia reclamato una mentalità più equa, diversa, per cui, nella differenza di soluzioni, se non c’è lesione dei diritti altrui (quelli già ben fatti a pezzi dal declino dell’inclusione sociale tra Stato clientelare e tagli verticali alla spesa, appena oggi in controtendenza), debba prevalere razionalità ed equilibrio.