di FRANCESCO IULIANO
Un appuntamento con la storia, quello organizzato dal presidente dell’associazione degli amici dell’Avanti, Michele Drosi ed dei componenti dell’associazione ‘Banner’, Pino Franzè, Ugo Gardini e Fernando Rocca. Protagonista della serata, l’ex ministro della Giustizia, attuale direttore dell’Avanti, Claudio Martelli con il suo libro dal titolo “Vita e persecuzione di Giovanni Falcone” edito da La nave di Teseo 2022.
Un appuntamento allestito nella sala congressi della Camera di Commercio di Catanzaro al quale hanno partecipato i componenti dell’associazione ‘Banner’, Pino Franzè, Ugo Gardini e Fernando Rocca.
«In questo libro - ha detto in apertura Michele Drosi - Claudio Martelli ricostruisce gli anni della sua permanenza al ministero della Giustizia nei governi Andreotti (aprile 1991 aprile 1992) e Amato (giugno 1992-aprile 1993), dal quale si dovette dimettere l’11 febbraio perché raggiunto da un avviso di garanzia, e della sua stretta collaborazione con il magistrato siciliano Giovanni Falcone, che aveva chiamato a dirigere l’ufficio Affari penali del ministero e delinea il suo profilo umano e professionale. Martelli ricostruisce il clima velenoso e di ostracismo che gli avevano creato attorno una parte della magistratura, in particolare il Consiglio superiore della magistratura, già allora preda delle correnti, una certa stampa ed i professionisti dell’antimafia».
Un tuffo nel passato quello proposto da Claudio Martelli che, a trenta anni dalla strage di Capaci, presenta un Giovanni Falcone vittima consapevole dello Stato e della magistratura.
“La storia di Falcone - ha spiegato Claudio Martelli - è diversa da quella degli altri uomini dello Stato che hanno combattuto la mafia perché solo a Falcone è capitato di essere perseguitato in vita non solo da Cosa Nostra, ma anche di essere avversato da colleghi magistrati, dalle loro istituzioni come il CSM e dall’Associazione Nazionale Magistrati, nonché da politici e da giornalisti di varie fazioni. Ancora oggi di quest’altra faccia della luna poco si sa perché poco è stato detto. Fece eccezione l’amico più caro di Falcone, Paolo Borsellino: ‘La magistratura che forse ha più responsabilità di tutti cominciò a far morire Giovanni Falcone ben prima che la mafia lo assassinasse a Capaci’. Da allora sono passati trent’anni. Per rispetto di Falcone, dei ragazzi che non hanno vissuto quel tempo, degli adulti che non lo hanno capito o lo hanno dimenticato, sento il dovere di tornare a riflettere per raccontare le verità di allora e quelle più recenti che ho appreso insieme al ruolo di chi, nel bene e nel male, ne fu protagonista dentro le istituzioni dello Stato, nella società e nel mondo dell’informazione.”
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