Catanzaro, Culicchia presenta “Uccidere un fascista” alla Ubik: “Non riusciamo a uscire da spirale d'odio”

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  03 giugno 2025 22:55

di MARCO VALLONE

E' stato presentato questo pomeriggio alla presenza dell'autore, Giuseppe Culicchia, scrittore italiano di lungo corso, il libro “Uccidere un fascista. Sergio Ramelli, una vita spezzata dall'odio” edito da Mondadori, presso la libreria Ubik del quartiere Lido di Catanzaro. All'appuntamento hanno partecipato, oltre a Culicchia, anche, tra gli altri, Wanda Ferro, sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno; Nunzio Belcaro, assessore all'istruzione e alle politiche sociali del Comune di Catanzaro, che ha introdotto la discussione; Aristide Anfosso, già assessore del Comune di Catanzaro e tesimone diretto della politica movimentista degli anni '70; Filippo Mancuso, presidente del consiglio regionale; Eugenio Riccio, consigliere comunale di Catanzaro che ha moderato l'incontro.

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“In un libro precedente, 'Il tempo di vivere con te', avevo raccontato la storia di Walter Alasia – ha affermato Giuseppe Culicchia -. Alasia era mio cugino, ed era entrato nelle Brigate Rosse da giovanissimo, a 18 anni. Aveva quindi scelto consapevolmente la strada della violenza politica, purtroppo. Ricostruendo la storia di Walter Alasia ho incontrato tante altre storie, e una di queste era quella di Sergio Ramelli, che conoscevo ma non in maniera approfondita. Ho scoperto che c'erano tante cose che accomunavano quei due ragazzi, nati lo stesso anno a pochi mesi e pochi chilometri di distanza l'uno dall'altro. Entrambi erano tifosi dell'Inter, avevano i capelli lunghi ed erano iscritti ad un istituto tecnico. E poi le due storie ovviamente si dividono, no? Sia per la scelta di campo, sia perché Walter Alasia impugna la pistola a un certo punto, purtroppo, mentre Sergio Ramelli impugna una penna, la penna con cui scrive il suo tema in cui, tra l'altro, stigmatizza proprio il fatto che le Brigate Rosse abbiano ucciso due missini (militanti dell' MSI ndr) a Padova, Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola, e i giovani democratici e i partiti democratici non abbiano fatto una piega”.

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Così l'autore del libro presentato nel pomeriggio ha descritto le ragioni che hanno portato alla stesura del volume: un testo che narra dell'uccisione di uno studente di 18 anni, e giovane militante del Fronte della Gioventù, Sergio Ramelli appunto, a colpi di chiave inglese da parte di un gruppo di militanti di Avanguardia Operaia. La ragione che portò alla terribile aggressione, compiutasi negli anni '70 del secolo scorso, risiede proprio nelle parole di condanna che Ramelli utilizzò nel suo tema: “Quel tema gli costerà la vita – spiega difatti Giuseppe Culicchia – perché verrà affisso nella bacheca della sua scuola, con la scritta 'questo è il tema di un fascista'. E da lì inizieranno mesi di persecuzioni che si concluderanno prima con l'aggressione a colpi di chiave inglese, per mano di un commando di Avanguardia Operaia composto da 8 persone, e poi con la morte di Sergio dopo 47 giorni di agonia. Quando poi ho scoperto che il padre di Sergio è morto di crepacuore 4 anni dopo Sergio, così come la madre di Walter, che morì 8 anni dopo Walter, ho pensato che fosse davvero necessario scrivere anche la storia di Sergio. Un po' per chiudere il cerchio con questi miei libri sugli anni '70 e un po' per rendere giustizia a un ragazzo che ancora oggi viene ricordato da molti soltanto in maniera superficiale. Gli viene attribuito di essere stato un picchiatore fascista, cosa che Sergio non è mai stato. Faceva il volontario all'oratorio, era un ragazzo che amava giocare a pallone...Un ragazzo come tanti. Con l'unica colpa di avere espresso le sue idee in un tema in classe”.

Relativamente a come questa storia possa essere utile nei giorni nostri, Culicchia ha evidenziato come occorra “di sicuro vigilare sul fatto che a nessuno venga più in mente che si possa ammazzare qualcuno perché la pensa diversamente. Questo credo che sia molto importante da far capire ai ragazzi di oggi. I loro coetanei negli anni '70 si sono uccisi, hanno ucciso, hanno vissuto sulla loro pelle una stagione terribile. Anche se gli anni '70 non sono stati soltanto gli anni di piombo. Però un'intera generazione è stata falcidiata e questo, naturalmente, non deve più accadere”. L'intolleranza delle idee, secondo Giuseppe Culicchia, “è un problema molto italiano purtroppo. Alberto Arbasino, uno scrittore scomparso qualche anno fa, lo faceva risalire addirittura a Romolo e Remo, Orazi e Curiazi, guelfi e ghibellini. Diceva che la storia d'Italia purtroppo è la storia di una nazione che è sempre stata divisa, e questa divisione l'abbiamo vista nel corso del '900. E' un secolo che per l'Italia ha rappresentato una sorta di guerra civile in più fasi distinte, no? Il biennio rosso, tra il 1919 e il 1920, il '43 – '45 e poi gli anni '70. E purtroppo da questa spirale di odio non riusciamo a uscire, lo sentiamo che cova sotto la cenere. Ed è un grosso problema anche dal punto di vista della democrazia perché, in Italia, non riusciamo a riconoscere dignità politica, legittimità politica, all'avversario”.

Il problema delle intolleranze delle idee, però, è davvero un problema solo italiano? “Mah – ha dichiarato Culicchia -. Di sicuro l'Italia vive questo problema in maniera più profonda, è come se questo odio avesse messo radici nel tessuto sociale della nostra patria perché, pensando ad altri Paesi, in nessun altro Paese europeo si è avuta una storia come quella italiana. Sì, anche in Germania c'è stata la RAF, la Baader Meinhof (Rote Armee Fraktion, gruppo terroristico di estrema sinistra attivo in Germania nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale ndr), però ho l'impressione che da noi il fenomeno sia stato molto più esteso – ha spiegato l'autore del libro presentato nel pomeriggio -. Negli anni '70 sono morte 394 persone, ci sono stati migliaia di feriti. E questi numeri naturalmente sono soltanto la punta dell'iceberg perché poi quei morti, e quei feriti, hanno provocato dolore in migliaia di altre persone che erano i parenti, gli amici, i colleghi di quelle persone, da qualunque parte stessero”.

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