L'Arcivescovo di Catanzaro - Squillace, monsignor Claudio Maniago, ha presieduto oggi nella Basilica dell'Immacolata, il Solenne Pontificale con il canto del Te Deum in ringraziamento per l’anno trascorso.
Nell’omelia Monsignor Maniago ha riflettuto sull’anno appena trascorso e sugli avvenimenti che coinvolgono i singoli, le comunità ecclesiali e civili. "La celebrazione di oggi - ha detto Maniago - conclude questo periodo ricco di eventi di cui ci siamo accorti, di cui siamo grati al Signore, ma anche di tante cose che Lui ha seminato a nostra insaputa nel cuore e che, al momento opportuno, verranno fuori palesandosi alla nostra consapevolezza".
"Davanti all'Eucaristia - ha sottolineato l'Arcivescovo - raccogliamo le tante emozioni di quest’anno, i tanti segni positivi e soprattutto le nostre speranze per il nuovo anno guardando a Maria: oggi il Vangelo ci ha ricordato come lei “Conservava e teneva tutto nel suo cuore”. Dobbiamo imparare da Lei a “tenere nel cuore” cioè a vivere con il Signore il tempo che ci dona leggendo la storia con gli occhi della fede, forti della certezza del Natale: “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”.
Di seguito l'omelia integrale dell'Arcivescovo.
Il Natale è una festa tanto importante che la Chiesa la dilata per otto giorni, trasformandola in un unico grande giorno, un’ottava,perché tutti ne possano gustare le ricchezze e possano entrare, sempre meglio, nel clima di questo tempo. Occorre quindiallargare il nostro cuore per interiorizzare la preparazione fatta in avvento ed essere pronti a cogliere adesso, ora, la bellezza del Natale per noi.
La celebrazione di oggi conclude questo periodo ricco di eventi di cui ci siamo accorti, di cui siamo grati al Signore, maanche di tante cose che Lui ha seminato a nostra insaputa nel cuore e che, al momento opportuno, verranno fuori palesandosi alla nostra consapevolezza. La conclusione di questo grande giorno del Natale coincide con la fine di un anno civile e l’inizio di uno nuovo: questo non è un giorno particolarmente diverso dagli altri se non per il fatto che tutto il mondo si ferma o rallenta il suo passo, per rendersi conto che il tempo cammina inesorabile e per alimentare la speranza che il nuovo anno porti con sé novità positive. In fondo al cuore di ogni uomo e ogni donna sulla terra c’è il desiderio che il domani sia migliore dell’oggi o della giornata di ieri che è passata. Allora questa notte diventil’occasione per esprimere tutti insieme, ad ogni latitudine, ildesiderio grande che il futuro ci riservi qualcosa di buono. Per noi cristiani la cosa è più impegnativa, ecco perché ci ritroviamo nelle nostre comunità e, prima di scambiarci gli auguri e di vivere momenti di fraternità, ci raduniamo intorno al Signore. Siamo consapevoli dello scorrere del tempo ma sappiamo anche che quest’ultimo è uno strumento nelle mani di Dio, anzi proprio la festa del Natale ci ha ricordato che il nostro tempo, è stato toccato da Dio. Entrandoci dentro lo ha fatto diventare strumento di salvezza perché, proprio attraverso i giorni che scorrono, Dio ci porta sempre più vicini a Lui, ci fa gustare la bellezza di vivere in comunione con Lui. Allora è importante accorgersi che il tempo incalza, non per lasciarci andare ai soliti superficiali lamenti di una giovinezza che passa e di una vita che scorre inesorabile verso una fine. Se fosse questa la nostra concezione del passare dei giorni, non saremmo qui davanti al Signore stasera per dirgli grazie. Se ringraziamo, vuol dire che ci rendiamo conto che il tempo che ci è concesso è un dono che dobbiamo accogliere imparandolo a vivere sempre meglio, interpretando l’oggi in modosempre nuovo. Quando ci scambiamo gli auguri, auspichiamo un tempo migliore, un tempo felice, in cui ci siano più serenità epace, doni fondamentali che desideriamo. In verità noi cristiani sappiamo bene che questo non dipende solo dalla generosità di Dio - possiamo forse pensare che Dio non sia generoso nei nostri confronti?-, ma dipende anche da come corrispondiamo al dono di Dio mettendoci concretamente in gioco. Quello di cui abbiamo bisogno allora è di un “richiamo”, un “incoraggiamento” perché il nostro cuore si allarghi sempre più per accogliere la grazia di Dio che è sovrabbondante e generosa e vivere secondo la sua volontà.
La storia del 2023, che abbiamo vissuto e che mettiamo, come si dice, in archivio, è una storia in cui si intrecciano eventiche ci fanno inquietare, rabbrividire addirittura e incutono paura, insieme a tanti altri che ci dicono che c’è speranza, che vale la pena di continuare ad andare avanti, segnali di una dolcezza e di una bellezza che colmano il cuore. Abbiamo assistito ad eventiimportanti per la Chiesa nel mondo, che oltre ad aver dato l’ultimo grato saluto a Papa Benedetto XVI accompagnandolo all’incontro con Gesù ragione ultima della sua vita e del suo ministero, ha vissuto momenti importanti come il Sinodo dove si è manifestatala sua natura più profonda di popolo in cammino con Cristo che annuncia il suo Regno, in ascolto dello Spirito; ha vissuto momenti esaltanti come la Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona dove una moltitudine di giovani da tutto il mondo si è stretta intorno al Papa per dare al mondo un segno concreto di ripresa e di speranza.
Poi però c’è l’altra faccia della medaglia a cominciare dalla guerra, una malattia che non riusciamo a debellare e che continua sempre ad esplodere ora qui ora là, ora lontano ora vicino, per cuiinevitabilmente ogni anno dobbiamo fare i conti con un bilanciodeprimente di vittime (uomini donne e anche inerti civili fra cui molti bambini). Conflitti che il nostro cuore vorrebbe lontano, come se la lontananza ci mettesse al riparo dal dolore: la guerra in Ucraina e nel Medio Oriente, non è lontana come potrebbe sembrare, infatti gli effetti di questa violenza folle, ci stringono il cuore gettandoci nello sconforto e tentandoci alla disperazione, senza contare le ripercussioni sugli equilibri mondiali e sull’economia che portano ulteriore disagio e sofferenza principalmente alle persone più fragili e povere del pianeta. Di fronte a questa situazione in cui nessuno riesce a portare uno spiraglio di speranza, Papa Francesco continua a stupirci con la sua presenza, la sua parola, con la sua lucidità: in questo mondo così travagliato, ferito e in affanno, ha richiamato con forza, ha consolato con dolcezza e spronato con vigore.
Momenti faticosi e momenti belli ha vissuto anche la nostra Italia e anche la nostra Calabria: stragi come quella di Cutro hanno ancora inesorabilmente portato alla ribalta il nostro mare come grande fossa comune per uomini, donne e bambini in cerca di una opportunità di vita dignitosa; drammi familiari in cui si consumano violenze inaudite, relazioni che sfociano in omicidi efferati con una facilità preoccupante, ci fanno riflettere sulla nostra cultura consumistica e un egoismo diffuso e ormai accettato come sistema, che ci fanno perdere il vero senso dell’amore e della sacralità della vita; una crisi economica che continua a fiaccare le energie del paese in ogni luogo nord, centro, sud, colpendo sempre e inesorabilmente le categorie più semplici e povere, ci fa pensare come, soprattutto nella nostra regione, la mancanza o la precarietà del lavoro continua a togliere certezze per il futuro, spingendo ancora giovani e non solo, a migrare in cerca di opportunità concrete e favorisce le condizioni in cui il sistema malavitoso può continuare a fare i propri affari.
Ma dobbiamo vedere i segnali che ci indicano la luce, la possibilità della rinascita, c’è un’energia che sopravvive con forzanel tessuto delle nostre famiglie, anche se messe a dura prova, che si affaccia in quel senso di solidarietà che non è morto nelle nostre comunità e che ancora si manifesta anche in momenti di crisi come quelli che stiamo vivendo. Sono concreti segnali di un fuoco che resiste sotto la cenere, che affonda le sue radici in una fede cristiana forte e sincera e si nutre ancora di valori, come la pace, la giustizia e la legalità, figli di una storia e di una cultura di cui dovremmo imparare a nutrirci con più convinzione. Ci da speranza vedere che c’è ancora chi spende la propria esistenza per gli altri (cf giovani in soccorso alle zone alluvionate), chi crede nell’importanza della scuola e si impegna a farla vivere sempre meglio nonostante tutte le difficoltà, chi non si fa schiacciare da un sistema iniquo ed è pronto a gettare i due spiccioli della propria vita nella costruzione di qualcosa di nuovo, di grande, di bello, con una generosità che non può avere radici se non in qualche cosa di importante che vive dentro il cuore e a cui ci si sente chiamati.
Tutto quello che abbiamo vissuto in questo anno, lo mettiamo davanti al Signore innanzi tutto con gratitudine: sì, ringraziamo il Signore per questo 2023 perché comunque sia, è stato, come diciamo da credenti, un anno di grazia. A fronte di tutto, il Signore non è venuto meno alla sua fedeltà, alla sua presenza in mezzo a noi; non ha smesso di guidarci con la sua Parola e con i suoi Sacramenti, ha continuato a mandarci segnali che illuminano il nostro cammino e aprono il cuore alla speranza. Questa stasera ci inginocchiamo davanti all’Eucarestia per chiedere anche perdono per la nostra povertà personale, che non ci ha permesso di cogliere i tanti doni che il Signore ci ha fatto, per la grazia che non abbiamo saputo accogliere chiusi nei nostri piccoli e grandi egoismi. Chiediamo perdono per tutta questa umanità che non si accorge della grandezza della propria chiamata, e troppo spesso è ripiegata su se stessa e su una concezione della storia e della vita così mediocre da non portare i frutti che costruiscano il bene comune. Chiederemo perdono con umiltà, sapendo che questo ci farà fare esperienza della misericordia di Dio, toccasana alla fine di una tappa del nostro cammino di vita, e ci permetterà di essere avvolti dalla tenerezza di Dio che ci farà dono di un nuovo anno, 2024, che sarà davvero un anno benedetto, se con stupore e umiltà ci impegneremo a viverlo guidati dalla sua Presenza.
Raccogliamo le tante emozioni di quest’anno, i tanti segni positivi e soprattutto le nostre speranze per il nuovo anno guardando a Maria: oggi il Vangelo ci ha ricordato come lei “Conservava e teneva tutto nel suo cuore”. Dobbiamo imparare da Lei a “tenere nel cuore” cioè a vivere con il Signore il tempo che ci dona leggendo la storia con gli occhi della fede, forti della certezza del Natale: “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”.
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