di FRANCESCO DI LIETO
Se provassimo a squarciare il velo dell’ipocrisia, dovremmo riconoscere che gli “zingari” sono vittime di un misfatto razzista che li ha relegati ad una vergognosa ghettizzazione. Un marchio d’infamia apposto finanche a bambini. Una lettera scarlatta appiccicata, nell’indifferenza generale, da chi ha abbondantemente lucrato sulla povertà, tanto da costruirsi un imperioso cursus honorum.
Mi riferisco a chi ha pianificato e, quindi, tollerato il loro isolamento. Chi ha condannato un intero gruppo sociale all’isolamento, alla marginalità, impedendo qualsivoglia integrazione. Nessuna protesta dinnanzi a persone atavicamente trattate come merce di scambio o, ancora, usate come manovalanza criminale, utile a placare gli inconfessabili vizietti degli alti papaveri cittadini.
Quegli stessi colletti bianchi che oggi sputano odio ma che ciclicamente corrono ad implorare (e, si narra, perfino a pagare) il loro sostegno elettorale. Quei sepolcri imbiancati, che oggi s’indignano, hanno contribuito ad etichettarli lambrosianamente come “sporchi”, “criminali”. Quando i criminali, a Catanzaro, stanno in ben altri luoghi.
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