Catanzaro, Gianrico Carofiglio all'Università Magna Graecia: il dialogo su "Lingua e potere"

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  04 dicembre 2025 13:28

di GAETANO MARCO GIAMO

"Di fronte alle scelte di storie, parole, metafore e schemi linguistici manipolatori, la prima cosa da fare è riuscire a tirarsi fuori da quel castello narrativo e definirne uno nuovo che permetta di non rimanere intrappolati in un perimetro di gioco dialettico definito dagli avversari". È questo il messaggio che lo scrittore Gianrico Carofiglio, noto al grande pubblico per i suoi libri di successo e la sua profonda riflessione su giustizia, comunicazione ed etica, ha voluto lasciare questa mattina in occasione del dialogo "Lingua e Potere", svoltosi nell'Auditorium dell’Università Magna Graecia di Catanzaro. A discutere con l'ex senatore del complesso rapporto tra linguaggio ed esercizio dell'autorità è stato il professore Fulvio Gigliotti, Ordinario di Diritto Privato dell'Umg.

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Dopo il saluto introduttivo del Rettore dell'Università, il prof. Giovanni Cuda, che si è detto "dispiaciuto perché, a causa della chiusura emergenziale di alcune scuole, molti studenti perderanno l'opportunità di apprezzare la sobrietà con cui Carofiglio tratta determinati argomenti, oltre che l'equilibrio con cui porta avanti le sue posizioni", il dibattito si è incentrato sull'ultima fatica letteraria dello scrittore, "Con parole precise" (Feltrinelli, 2025, 176pp.): "In questa nuova edizione hai modificato il sottotitolo", ha sottolineato Gigliotti, "ora è diventato Manuale di difesa civile e vorrei partire proprio da questo". Carofiglio ha sottolineato come la sua precedente analisi, risalente al 2015, sia ormai da considerare "archeologia", poiché il rapporto tra politica e linguaggio manipolatorio ha assunto connotati inimmaginabili. "La lingua e il modo di dire le cose di chi sta in alto è un tema centrale per l'etica civile, non si può essere cittadini consapevoli senza soffermarsi su questo tema. Il modo di comunicare dei populisti estremi di tutto il mondo non ha a nulla a che fare con i contenuti ma utilizza procedure riconducibili a quelle degli esperti di ipnoterapia e degli ipnotisti da palcoscenico", ha ribadito l'ex magistrato.

Il dialogo ha toccato diversi argomenti importanti legati al mondo della comunicazione, partendo dall'uso delle metafore, "non solo figura retorica ma il modo in cui la nostra intelligenza funziona quando vogliamo capire qualcosa di nuovo per cui non abbiamo le parole esatte: persino la rappresentazione figurativa dell'atomo sui libri di scuola è una metafora. Trump è uno specialista nell'utilizzo di questi discorsi: il celebre muro da costruire fa pensare a una roccaforte sotto assedio che ha bisogno di protezione dagli aggressori. Il tema centrale della buona politica dovrebbe essere trovare metafore che raccontino la propria verità in modo onesto". Dopo un'interessante digressione sulla parola "lodo", che ha portato a "un'opposizione che, accettando questa terminologia, si poneva in una situazione di sconfitta dialettica" ai tempi della discussione sulla legge 124 del 2008, e un'analisi sull'importanza degli slogan, in particolare incentrata sulle differenze sostanziali a livello linguistico tra il "Yes! We can" di Barack Obama e il "Si può fare" portato avanti dal Partito Democratico con scarso successo, la discussione si è spostata sul linguaggio legislativo.

"Questo modo di comunicare è spesso oscuro e sovrabbondante poiché nel diritto romano antico si sommava in una sola figura la funzione di giurista, sacerdote e stregone, quindi ha preso sempre più importanza la formula, pronunciata senza errore, come strumento di esercizio del potere. La lingua del diritto tende a escludere anziché includere e questo distorce il rapporto tra lingua e potere in prospettiva democratica. Inoltre, rispetto al passato, c'è stato un forte calo della qualità dei testi normativi, dovuto però al declino culturale di chi sta in Parlamento, oltre a un meccanismo terrificante di approvazione delle leggi in Italia che porta a dei mosaici incomprensibili". Anche l'antilingua dei linguaggi amministrativi non viene risparmiata dalla critica dell'autore: "Si usano espressioni opache in favore di una pomposità che serve solo a celebrare in maniera cialtrona l'ego di chi scrive, quando i documenti dovrebbero essere di facile comprensione da parte di chiunque". Il messaggio finale è molto chiaro: "Ponendosi il problema di chi ascolta, dando valore etico e pratico alla chiarezza, il mondo diventa un posto migliore e anche noi possiamo essere professionisti più capaci di ottenere successo personale: l'avvocato che si libera delle trappole cognitive di cui è schiavo senza saperlo e produce documenti sintetici renderà più contento anche il giudice che deve consultarli".

Al termine del dialogo, sono arrivate anche alcune domande dal pubblico che hanno messo in evidenza la necessità di mettere in discussione anche ciò che diamo per scontato perché "dubitare significa credere in modo consapevole a ciò che abbiamo sottoposto a scrutinio; il potere di qualsiasi tipo vuole farci credere che non ci siano più dubbi da risolvere". L'incontro ha dunque offerto spunti di riflessione sull'uso consapevole del linguaggio, sulla retorica politica e mediatica in una preziosa occasione di arricchimento intellettuale che sottolinea l'impegno dell'Università Magna Graecia nel promuovere il dibattito critico su temi di grande attualità.


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