Venerdì la senatrice Granato consegnerà il documento al prefetto Cucinotta
27 luglio 2021 10:25“La Riforma Cartabia non è fatta per garantire velocità alla giustizia penale ma per conferire impunità ad imputati eccellenti condannati in primo grado anche per reati estremamente gravi. Tra le conseguenze devastanti di questa riforma ci sarebbe anche quello di vanificare gli effetti della legge Severino. Per velocizzare i processi ci vuole efficienza e piccoli interventi sulla riforma Bonafede”. E’ quanto sostiene la senatrice Bianca Laura Granato (Gruppo Misto) che venerdì 30 luglio sarà in piazza Prefettura a Catanzaro dalle 9 alle 11 per la raccolta firme del documento che alle 11 consegnerà nelle mani del prefetto Maria Teresa Cucinotta.
La senatrice rivolge un invito alla cittadinanza attiva, alle associazioni, ai movimenti civici e politici ad aderire al documento.
“Una giustizia penale che funzioni (ammesso che l’intento sia realmente quello di farla funzionare) si basa anche sulla deterrenza a compiere reati e a far ricorso ad ulteriori gradi di giudizio per chi sa di essere nel torto – si legge nel documento -. Questa riforma lavora, invece, esattamente nella direzione contraria: funziona bene per gli avvocati che aumentano le prospettive di guadagno e per i rei che hanno i mezzi per percorrere l’iter completo (puntando all’improcedibilità processuale), umilia i cittadini onesti e non serve per le misure del PNRR, favorendo, all’opposto, l’impunità per chi entrerà in meccanismi di corruzione e concussione per la gestione di quei fondi, per cui sono stati anche ridotti i processi di verifica e controllo”.
“Da cittadini che credono nello Stato, nel rispetto dei supremi principi costituzionali, ci sentiamo raggirati da un Governo che non lavora per tenere fede al cosiddetto Patto Sociale ma solo per supportare una casta che ha i mezzi economici per comprarsi l’impunità – sostiene ancora la senatrice Granato -. Non abbiamo intenzione di rinunciare a vivere in uno Stato di diritto, a cominciare dalla passiva accettazione di questa vergognosa riforma del processo penale”.
I cittadini che sottoscrivono il documento, chiedono: “che questa riforma del processo penale venga radicalmente modificata, cancellando l’istituto dell’improcedibilità processuale, interrompendo il decorso dell’istituto della prescrizione a partire dal rinvio a giudizio dell’imputato ed introducendo deterrenti efficaci come avviene in altri sistemi giudiziari europei, connessi, invece, al principio della certezza della pena; che i tributi riscossi dallo Stato in ragione della capacità contributiva individuale siano utilizzati per assicurare l’efficienza di un sistema giudiziario penale che lasci ai cittadini la certezza di vivere in uno Stato di diritto e non di essere soli in balia degli abusi di chi ha i mezzi per cavarsela in ogni occasione; che non chiami “giustizia” quella che si limita a porre una data di scadenza formale ai processi, senza rispetto al merito del giudicato e ai diritti delle vittime ma, semplicemente, “burocrazia processuale”.
La lettera inviata al Prefetto di Catanzaro dottoressa Maria Teresa Cucinotta dalla senatrice Granato:
"Ill.mo sign. Prefetto, Il Piano Nazionale della Ripresa e della Resilienza prevede, a corredo, una serie di riforme che vanno nella direzione di rendere efficiente il sistema Paese, onde poter incentivare gli investimenti e facilitare il compimento delle misure connesse al Recovery Fund entro il 2026.
Per come si va configurando, la riforma del processo penale inserita in questo quadro di riforme, nelle proposte emendative depositate della ministra Marta Cartabia al disegno di legge delega per l’efficienza del processo penale (AC. 2345), introduce l’istituto dell’improcedibilità a partire dal secondo grado di giudizio, che pone un limite cronologico alla durata dei processi, dopo il quale anche sentenze di condanna in primo grado vengono cancellate, destinando all’impunità, così, anche reati gravi. Sostanzialmente non si garantisce certezza della pena, ma la certezza dell’impunità a scadenza.
La nuova riforma, anziché fungere da deterrente a delinquere o indurre chi sa di essere colpevole a non avvalersi di tutti i gradi di giudizio e a ricorrere ai riti abbreviati, lo incentiva a percorrere la strada più lunga, che porta più facilmente all’estinzione del processo allo scadere dei tempi del procedimento.
Dunque, si tratta di un percorso prefigurato che aumenterà le spese pubbliche e che produrrà ‘meno giustizia’ per i contribuenti, più carichi per i tribunali, meno sicurezza per tutti, più incentivi a delinquere e meno garanzie per gli onesti, per le vittime e per i più deboli, destinati a rimanere schiacciati da un sistema che riuscirà a garantire solo chi delinque.
La volontà del Governo espressa nel deposito di proposte legislative in materia di improcedibilità permetterà, dunque, che i delitti contro la Pubblica Amministrazione, come corruzione concussione, o abuso di ufficio, non costituiranno più un ostacolo concreto per intraprendere carriere politiche o nell’amministrazione stessa, con gravissime ripercussioni sull’intero sistema Paese, già disastrato. Per i reati punibili fino a 6 anni di reclusione non solo non si andrà più in carcere, ma non si rischierà più nemmeno una condanna: basterà chiedere la sospensione del processo per messa alla prova!
Il Parlamento deciderà con una semplice legge ordinaria quali reati avranno la priorità, determinando l'addio al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, e la legge Severino sarà destinata a rimanere lettera morta, causando, con essa, la morte di quel che resta dello Stato di diritto in questo Paese. Le soluzioni da trovare per ridurre i carichi dei tribunali e per velocizzare i tempi della giustizia sarebbero, invece, da ricercare in quelle ipotesi che vanno nella direzione di assicurare la certezza della pena.
Innanzitutto, dunque, si dovrebbero prevedere: l’interruzione della prescrizione con il rinvio a giudizio, e non con la sentenza di primo grado; l’eliminazione del divieto di reformatio in peius nei vari gradi di giudizio, perché il ricorso in appello deve anche poter comportare un aggravamento della sanzione; l’introduzione di sanzioni piuttosto severe per i ricorsi temerari. Una giustizia penale che funzioni (ammesso che l’intento sia realmente quello di farla funzionare) si basa anche sulla deterrenza a compiere reati e a far ricorso ad ulteriori gradi di giudizio per chi sa di essere nel torto.
Questa riforma lavora, invece, esattamente nella direzione contraria: funziona bene per gli avvocati che aumentano le prospettive di guadagno e per i rei che hanno i mezzi per percorrere l’iter completo (puntando all’improcedibilità processuale), umilia i cittadini onesti e non serve per le misure del PNRR, favorendo, all’opposto, l’impunità per chi entrerà in meccanismi di corruzione e concussione per la gestione di quei fondi, per cui sono stati anche ridotti i processi di verifica e controllo!
Da cittadini che credono nello Stato, nel rispetto dei supremi principi costituzionali, ci sentiamo raggirati da un Governo che non lavora per tenere fede al cosiddetto Patto Sociale ma solo per supportare una casta che ha i mezzi economici per comprarsi l’impunità. Non abbiamo intenzione di rinunciare a vivere in uno Stato di diritto, a cominciare dalla passiva accettazione di questa vergognosa riforma del processo penale. PregandoLa, dunque, di farsi portavoce di queste nostre istanze presso le autorità governative centrali, in qualità di rappresentante sul territorio, chiediamo pertanto: che questa riforma del processo penale venga radicalmente modificata, cancellando l’istituto dell’improcedibilità processuale, interrompendo il decorso dell’istituto della prescrizione a partire dal rinvio a giudizio dell’imputato ed introducendo deterrenti efficaci come avviene in altri sistemi giudiziari europei, connessi, invece, al principio della certezza della pena; che i tributi riscossi dallo Stato in ragione della capacità contributiva individuale siano utilizzati per assicurare l’efficienza di un sistema giudiziario penale che lasci ai cittadini la certezza di vivere in uno Stato di diritto e non di essere soli in balia degli abusi di chi ha i mezzi per cavarsela in ogni occasione; che non chiami “giustizia” quella che si limita a porre una data di scadenza formale ai processi, senza rispetto al merito del giudicato e ai diritti delle vittime ma, semplicemente, “burocrazia processuale”".
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