di MARCO VALLONE
Il Cinema Teatro Comunale di Catanzaro, diretto da Francesco Passafaro, ha ospitato ieri sera la giovane regista Carolina Pavone, di origine calabrese, presente in sala per incontrare il pubblico prima della proiezione del suo film d'esordio “Quasi a casa”, nelle sale cinematografiche già dal 5 settembre.
Il film, che ha debuttato in anteprima alle Notti Veneziane nel corso dell'ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, è un fascinoso racconto intimo sul difficile rapporto intercorrente tra due donne di generazioni diverse, Caterina e Mia, interpretate da Maria Chiara Arrighini e Lou Doillon. Caterina considera Mia come un modello da seguire, una sorta di mito, e i venti anni di distacco che separano le due donne si sentono tutti. O almeno così potrebbe sembrare, di primo acchito. Ad ogni modo, la narrazione conduce gli spettatori, attraverso tre capitoli, nel percorso di crescita e disillusione di Caterina: esso determinerà in lei una nuova consapevolezza di chi davvero sia.
Carolina Pavone, regista classe '94, ha già lavorato come assistente alla regia per Nanni Moretti nei film “Tre piani”, “Mia madre” e “Il sol dell'avvenire”. Quello che è stato proiettato nella serata di ieri è il primo lungometraggio che Pavone ha realizzato di proprio pugno, viene distribuito da Fandango + Circuito Cinema ed è stato prodotto da Sacher Film e Vivo Film in collaborazione con Rai Cinema. Nel cast si annoverano, oltre alle due attrici principali, anche Michele Eburnea, Stefano Abbati, Lucrezia Mandolesi, Teodoro Giambanco e Francesco Bianconi dei Baustelle. Le musiche portano la firma di Coca Puma.
Abbiamo avuto modo di fare una chiacchierata con la giovane regista, che ha rilasciato ai nostri microfoni alcune dichiarazioni.
Quali sono le ragioni profonde alla base del suo film, “Quasi a casa”, che ha presentato al Comunale? “Ho cercato di raccontare un pochino la storia di quello che ho vissuto nel momento in cui mi son trovata a dover scrivere, a dover lavorare, su quello che speravo sarebbe stato il mio primo film. Quindi, insomma, dentro di me avevo una grande voglia di cimentarmi con quello che avrei voluto fare, con il lavoro che sognavo di fare con il cinema. Però contemporaneamente sentivo una grande paura, una grande incertezza, un timore di non essere all'altezza di quello che avrei voluto fare. Quindi sono partita proprio da questo sentimento qui, e in questo modo è nato in maniera abbastanza immediata il personaggio di Caterina, la protagonista del film. Quindi – ha proseguito Carolina Pavone – il motivo veramente profondo, per come si evolve la storia e per come finisce, è quello per il quale ho cercato di dire col film quello che mi son detta un po' da sola, e che mi sarebbe piaciuto vedere da spettatrice, e sentirmi dire da spettatrice, trovandomi in quelle condizioni lì in quel momento della vita. Cioè, non si finisce mai di avere paura, non si finisce mai di essere timorosi nei confronti di quello che si vuole fare: l'importante è accettarlo, capirlo, e imparare a gestire questa paura. Non la si potrà mai eliminare, però la mettiamo da una parte e andiamo avanti, cavalcandola. Quindi è questo che ho cercato di dire col film: il cuore profondo credo sia questo.
A questo proposito, il rischio è uno dei temi portanti del film. Quanto è importante rischiare nel cinema, ma anche nella vita? “Eh, caspita! E' abbastanza fondamentale! Insomma, senza prendersi rischi si rimane poi in una zona di comfort che magari non ti stimola. Anche perché poi ogni volta che c'è un rischio, nella maggior parte dei casi, ci sono delle difficoltà da dover gestire. E da quei momenti di difficoltà, che uno cerca di gestire, nascono poi proprio le cose più belle. Io mi ricordo che, prima di girare, mi dicevo che l'abilità di un regista si misura con quanto riesce a rimanere agganciato all'idea che si è fatto del film prima di girarlo. E quindi mi dicevo che dovessi essere intransigente su come mi fossi immaginata certe scene, e su come volessi girarle. Poi ho capito che non è assolutamente così! Bisogna rimanere aperti agli imprevisti – ha proseguito la regista – perché sul set sono infiniti e innumerevoli. E proprio in quelle situazioni, in cui le cose non vanno come avresti voluto, inventi una soluzione che molto probabilmente è meglio di come avevi immaginato all'inizio. E quindi ti prendi un rischio nel mettere in discussione quello da cui eri partito. Però poi credo che da lì insomma, ripensando anche a come è andato il mio film, nascano le cose più interessanti, più belle”.
Ora ci godiamo questo film. Ma Caparezza canta che “il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista”. “Caspita!” ha esclamato, sorridente, la giovane regista. Per quanto concerne invece i film ha un'idea relativamente a quale possa essere il suo secondo film? “Mah, insomma, questo è un momento in cui sto ancora portando in giro questo film. Ce l'ho ancora nel cuore, nella testa: è ancora molto vicino a me. Adesso immagino che arriverà un momento per cui naturalmente si allontanerà, e riuscirò un pochino a mettermi a pensare ad altre cose. Credo che ciò che canta Caparezza sia vero! Perché nel primo passo uno c'ha anche un po' di incoscienza, si lancia... Invece nel secondo devi un po' anche, esatto, mantenere certe aspettative o, insomma, cercare di superarti e andare un po' oltre rispetto a quello che hai fatto con il primo film. Quindi immagino che sarà molto complesso. Ho delle piccole idee, però ancora non ho trovato un momento in cui mi ci sono messa a lavorare”.
Lei è di origine calabrese. Ci può dire se pensa di fare un film in Calabria, da queste parti, come ha detto Gianni Amelio settimana scorsa qui al Comunale? Non sappiamo: visto che le piace il rischio, magari, si potrebbe parlare di un giocatore di poker ambientando il film a Soverato? “Ahahahah! Mah, questo mi sembra un film fantastico. Comincio a prendere appunti - ha affermato, scherzosa, Carolina Pavone -. Ma sì sì, mi piacerebbe molto. In realtà c'è stato anche un momento in cui, per poco, visto che il mio film ha una parte abbastanza consistente di mare, ho pensato di provare a girare la parte del mare in Calabria. Però, insomma, il primo film ha sempre dei mezzi molto ristretti, molto piccoli: quindi sarebbe stata una cosa un po' complessa. Però, perché no! Mi piacerebbe moltissimo. Poi sono dei luoghi che conosco in parte, quindi sarebbe bello poterci lavorare!”
Durante l'incontro col pubblico, moderato da Francesco Passafaro, è stata presente anche l'Assessore alla Cultura del Comune di Catanzaro, Donatella Monteverdi. “Sono felice di vedere un pubblico con meno di 50 anni – ha dichiarato -, perché, come dico sempre, noi abbiamo una grande fortuna: quella di avere una generazione nomade. Cioè una generazione di ragazzi, che hanno fatto grandissime cose fuori, che tornano nella loro città. Perché di origine, come nel caso di Carolina Pavone, che so essere molto affezionata a questo posto. E quindi per me questa è una grande opportunità. Devo ringraziare anche Francesco Passafaro, perché oggi abbiamo praticamente avuto Cannes. Abbiamo avuto Gianni Amelio, ora abbiamo Carolina e speriamo a breve di avere qualche altra cosa. Quindi siamo felici di queste iniziative: come sempre dico, si può fare bene se si fa tutti insieme. Questo è importante. Porto ovviamente qui anche i saluti del Sindaco Fiorita che, purtroppo, per un ritardo aereo non è potuto essere qui. Voleva tanto esserci perché è anche una cosa che abbiamo molto voluto noi. Quindi spero che questa sia una buona cosa. Che ne so – ha concluso, con un auspicio sorridente, l'assessore -, anche magari con un prossimo film girato a Catanzaro...”.
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