Catanzaro, la riflessione: "Al Marca... di sabato"

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  04 febbraio 2025 14:54

di NINA FABIANI

 

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 … che E' SABATO

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così cantava qualche decennio fa una nota showgirl. Inimmaginabile ritorno musicarello al passato per un appuntamento al Cavatore dove si avverte la diversità della sera. Frotte di adolescenti sciamano, davanti all'uomo col piccone, sostano, cellulare in mano, attendono... compagni di scuola, serata di pizza nei locali del centro. Finalmente...

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Sabato

L'attesa induce a riflessioni leggere, come il motivetto citato. Senza voler immaginare altro e oltre, troppo affascinante l'idea, per anni accarezzata e mai realizzata.

Destinazione il MARCA, Museo delle arti di Catanzaro. La locandina è un allettante invito a fruire arti diverse e complementari, bellezza al quadrato. Artisti da in... contro.

Lirica in pillole propone una serata speciale: QUADRI DI UN'ESPOSIZIONE, Commenti musicali alle opere di opere di Saverio Martelli.

E' sabato, 25 gennaio 2025.

I locali della mostra offrono uno spettacolo nello spettacolo che si annuncia fuori dai consueti canoni. Nel piano interrato dello storico edificio un intelligente ripristino ha restituito volte a botte, sottolineate da laterizi, squarci di pietra che esaltano il bianco dell'intonaco; volte a crociera di piccoli mattoni alternate a quelle di pignatte, in perfetta rispondenza tra soffitto e pavimento.

Colpiscono, entusiasmano, affascinano colori e materiali; emergono dalle candide pareti epifanie improvvise che si ritraggono quando l’occhio è attratto dalle installazioni sorprendenti e, apparentemente, misteriche. Ma il mistero è presto risolto: assemblati magistralmente piccoli pezzi, materiali di risulta, scarti inutilizzabili acquistano nuovi valori, rivivono in altro e per altro da sé. 

Il Maestro non pago dei recuperi cui ha restituito un’anima, li illumina di colori e anche quando le tonalità rientrano in gamme notturne o fredde non cessano di emanare calore umano.

Saverio Martelli non solo artifex, sic et simpliciter, ma deciso, celato Pigmalione, ha insufflato vita e dato voce alle sue opere perché possano dialogare con i fruitori del bello: voce senza suoni. Nell’assordante silenzio emozioni osmotiche dalle tele, dalle installazioni tracimano nei sensi: mute voci soliste spettatori-amanti. 

I Nostri, Saverio e Marco, artisti mai scontati, sabato al MARCA hanno inteso sconvolgere e coinvolgere coralmente i loro ospiti: ogni colore ha avuto la sua voce, ogni suono la sua musica, valore aggiunto al dialogo tra fruitore e opera.

Sull’improvvisato palcoscenico, la promenade cui sono stati invitati i presenti, spettatori inconsapevolmente e ugualmente protagonisti, ha seguito il fil rouge di un percorso materico pentagrammato. 

Marco, voce narrante e artista delle note, per Saverio, artista di colori e composizioni, ha scelto la musica “perfetta” con cui esaltare simbioticamente le arti: finalmente un modo diverso per celebrare le Muse.

Davanti all’attento parterre si aprono di passo in passo inediti sipari: metalliche e puntute cupole bizantine fluttuano nel verde intenso che la musica di Musorgskij rimanda al giardino delle Tuileries. Contro cieli di lapislazzulo, ora tersi, ora viranti al polvere di Armani, si stagliano processori e ingranaggi come città ancora ignote e deserte: prima che il primo uomo le abiti avranno assistito al funerale della Marionetta posta al centro della sala. A crearla dal “nulla” Saverio, a darle voce la musica di Gounod. Ci si guarda increduli e divertiti: motivi noti per altro rientrano pienamente nel percorso artistico scelto di Marco.

Assemblati amorevolmente randagi gatti metallici attendono sul piedistallo: avranno la loro voce, si esprimeranno con il celeberrimo duetto di Rossini.

Poesia di un miao in una composizione di miao.

Meraviglia a meraviglia, azzurri cangianti di vele argentee scivolano con Handel su canali di note: Venezia? Londra? Poco importa se la mano di Saverio conduce lungo vie d’acqua placide, come nel Mozart di Così fan tutte Mozart o nel mare in tempesta Vivaldi; Marco sa ricomporre note e colore nell’anima dove, protagonisti e spettatori, amanti e amati, alla toccata per arpa di Paradisi, trovano, per il tempo di una breve promenade, l’isola che non c’è. Sempre anelata, mai raggiunta. Non poteva, in una serata così particolare mancare la magia di Bach, una fuga e una suite chiudono il sipario.

Religioso il silenzio in cui si spegne l’ultima nota, l’applauso arriva con il ritardo di chi desidera ascoltare altro.

La “piccola” Città, un tempo culla di millenarie stratificate culture, ha voglia di ritrovare i perduti -no, che siano solo smarriti, è l’auspicio- fasti partendo da momenti artistico-culturali come quello appena vissuto. 

Piccola-grande città dove le Muse hanno avuto un loro Parnaso: nell’abbattuto Politeama, il Real Teatro San Francesco, tra provinciali ma significative volute spiccava “Ad Tersicorem Virginesque Musas” e nelle calde sere d’estate un manto di stelle sostituiva il soffitto. 

Il suggestivo ricordo rimanda a Kant. Per quanti ha senso ancora il suo epitaffio: non c’è più cielo stellato sopra noi? non c’è più legge morale in noi? Forse per tanti, ma Saverio e Marco credono ancora, sognano e sanno condurci sui sentieri della Bellezza. 

E non solo di 

Sabato 

 

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