Catanzaro, la storia di Francesco Santoro a Lampedusa: “Ci sarò finché mi tremerà il cuore”

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Francesco Santoro a Lampedusa

Il terremoto dell’Irpinia, quello dell’Aquila, in Iraq con la Croce Rossa e poi il sisma di Amatrice: sono soli alcuni degli eventi a cui il volontario catanzarese ha preso parte

  23 febbraio 2023 17:04

di FILIPPO COPPOLETTA

"Padre, psicologo, amico e (tra le altre cose) logista a Lampedusa. A fine turno di Ottobre a Lampedusa, i componenti dei team medico e infermiere hanno pensato questo di me, lo hanno scritto con tanti messaggi su una maglietta, non credo ci possa essere cosa più bella". A raccontarcelo con tutta l'emozione che ha nel cuore è Francesco Santoro, cittadino di Catanzaro che da tempo mette la sua professionalità ma soprattutto la sua grande umanità al servizio di quanti chiedono aiuto, di chi fugge dai conflitti, di chi viaggia senza meta e senza certezza di salvezza, di chi ha ancora un briciolo di speranza alimentata anche dall'opera e dal servizio di gente come Francesco.

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Il volontariato scorre nelle sue vene. Lo fa da quando aveva soli 10 anni e oggi che ne ha 64 non vuole smettere, anzi ha tutta la forza di volontà per andare avanti. Ha iniziato con gli scout, poi è entrato a far parte della Croce Rossa Italiana e poi nell'Ordine di Malta.

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Il terremoto dell’Irpinia, quello dell’Aquila, in Iraq con la Croce Rossa e poi nel 2016 il sisma di Amatrice con il CISOM. Sono soli alcuni degli eventi catastrofici a cui Francesco ha preso parte. Da aprile a giugno 2020 è stato operativo sul campo con la Missione della Difesa “IGEA - D.T.D.” (Drive Through Difesa). A Giugno dello scorso anno parte per la Romania, al confine con l’Ucraina. "In questa occasione ho anticipato la promessa di matrimonio in Comune - ci dice - ma andava fatto". Infine arriva Lampedusa.

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"Ho iniziato il turno dando il cambio ad un collega logista esperto, Alessandro. Essendo la prima volta, ho dovuto assorbire tutto, dalla composizione dei turni alle strade di Lampedusa, la dislocazione delle squadre e gli appartamenti in centro, il rapporto con la Guardia Costiera e la Finanza, gestire il pozzo dell’acqua potabile, e tanto altro ancora". Si apre così il racconto dei primi giorni vissuti a Lampedusa.

Emerge la difficoltà ed il sacrificio di quanti operano in una realtà fatta di gente che ha necessità di aiuto concreto. Ma le difficoltà e la fatica non spaventano Francesco. "Non prenderti sul serio ma fai le cose sul serio, come sai fare tu" ama ripetersi il catanzarese Santoro.  

"Il tempo a Lampedusa è molto fluido - racconta Francesco - Da una parte ci sono i rigidi orari della mensa dell’Aeronautica che scandiscono in modo molto preciso gli impegni della giornata, mentre dall'altra ci sono le chiamate SVH (Sauver Vies Humaines), a qualsiasi ora del giorno e della notte".

"Nel mese di ottobre credo di aver dormito due ore a notte per stare dietro ai molteplici imbarchi e ai diversi problemi - ci spiega ancora - ripensandoci ho avuto la fortuna di trovarmi ad operare con un gruppo di professionisti in un ambiente di collaborazione che sarà impossibile ricreare (spero di sbagliarmi). Mi accorgo che fatico a trovare le parole - dice con commozione - vorrei elogiare una per una le persone con cui ho condiviso questa bellissima esperienza umana e personale".

Un gruppo dal quale traspare umanità, compattezza, lealtà, voglia di fare senza prevaricare, con la consapevolezza di essere tutti lì per una missione comune e superiore ad ogni velleità e ambizione.

"Quando sono iniziati gli eventi più pesanti, il gruppo si è unito ancora di più - evidenzia infatti il volontario catanzarese - C’è sempre stata collaborazione e supporto da ogni punto di vista; che si trattasse di passare a recuperare la cena ai colleghi in turno, di andare in banchina a fare sostegno, di abbracciarsi a fine turno o anche solo di accompagnare al mare qualcuno quando aveva bisogno di staccare. Tutto questo - aggiunge - si è ripercosso ovviamente sulla qualità del lavoro, oltre che sulla capacità di resilienza personale".

“Lampedusa può creare dipendenza” lo legge spesso Francesco su quel pezzo di legno di colore blu che viene affisso sul posto. "Credo sia vero, ma anche il CISOM crea dipendenza - vuole aggiungere - con il CISOM ci sarò finché ci saranno persone che mi supporteranno e avranno fiducia nel mio operato. Ci sarò finché mi tremerà il cuore, prima e durante ogni missione, dove avrò la possibilità di esserci, finché mi reggeranno le gambe".

"In tutte le persone che prestano servizio a Lampedusa c’è un prima e un dopo" conclude Francesco, rivelandoci che sta per ripartire per l'isola che in questo momento è oggetto di grande attenzione per via dei numerosi sbarchi degli ultimi giorni. "Ricomincia la solita apprensione e voglia di dare al prossimo, anche se al termine di ogni missione comprendi di aver ricevuto assai da tutti" è il messaggio finale.

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