Terzo appuntamento della seconda edizione de “I penalisti di ieri, nel ricordo dei penalisti di oggi, come esempio per i penalisti di domani”, organizzato dalla Camera Penale “A. Cantàfora” di Catanzaro presieduta da Francesco Iacopino.
Nella sala concerti di Palazzo De Nobili, l'avvocato Ottavio Porto ha introdotto l'avvocato Anselmo Torchia a cui è spettato il compito di ricordare l'avvocato Giuseppe Seta.
"Un onore per me presentare l'avvocato Anselmo Torchia" ha spiegato l'avvocato Ottavio Porto ricordando il ciclo di incontri promossi dalla Camera penale " un progetto dedicato a chi ha dato lustro e reso prestigioso il nostro Foro".
Una "legenda" nel senso latino del termine ha sottolineato l'avvocato Torchia introducendo l'avvocato Giuseppe Seta: "Legenda senza la parte di fantasia che le leggende recano con sè ma fatti veri in se stessi leggendari al di là della loro diffusione".
Lo ricorda mentre riflette "con le sue originalità, con la sua acutezza". "Riservato, molto, un comunista vero - ha detto - uomo di grandissima probità che venne a Catanzaro delegato a difendere i contadini che facevano la lotta contro la grande proprietà fondiaria e che poi rimase a Catanzaro".
"Fedelissimo ai suoi principi, un grande esempio di etica processuale, un processual penalista"
E ancora. "Muore nel 1998, un anno prima della entrata in vigore del nuovo Codice di procedura penale e un anno dopo della caduta del muro di Berlino - ha aggiunto l'avvocato Torchia - era un comunista vero, convinto quando il partito comunista era una cosa seria. Era un avvocato schierato e ciò significava sacrifici: significava avere delle indicazioni sul tipo di clientela da scegliere. Era un grande garantista".
Puntuale il ricordo del giornalista Filippo Veltri che con Giuseppe Seta aveva un forte rapporto. "Peppino Seta è stato un grande comunista, un avvocato comunista. Tra l’altro fece parte del collegio di parte civile contro i presunti assassini di Giannino Losardo il dirigente del Pci, nonché cancelliere capo della procura di Paola, assassinato dalla mafia a Cetraro nel 1980. Il processo venne spostato a Bari e Peppino non volle mancare a nessuna udienza. Con lui c’erano Fausto Tarsitano, Nadia Alecci e Francesco Martorelli. Un ricordo per me indelebile: lo andavo a prendere a casa sua a Catanzaro e andavamo a Bari in auto. Per me giovane inviato dell’Unità fu una straordinaria esperienza di vita quel viaggio che durava ore e ore. Finita l’udienza Peppino non tornava a Catanzaro ma voleva che lo lasciassi a Fuscaldo, nella sua amata Fuscaldo, sul Tirreno cosentino. In aula a Bari diede il meglio di sè per ottenere giustizia e verità. Che non è mai arrivata".
t.a.
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