La Corte di Cassazione conferma la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, che aveva accolto la tesi dell'avvocato Stefania Valente
02 novembre 2021 15:40di FRANCESCO IULIANO
E’ una sentenza destinata a fare giurisprudenza, quella pronunciata dalla suprema Corte di cassazione nei giorni scorsi in materia di impugnazione di riconoscimento per difetto di veridicità.
Una sentenza, la numero 3043/2021, che ha confermato la statuizione della Corte d’Appello di Catanzaro, composta dai giudici Antonella Eugenia Rizzo, Antonio Rizzuti e Carlo Fontanazza.
In quella fase del processo, è stato l’avvocato Stefania Valente, del Foro di Catanzaro, a proporre l’atto di citazione contro la sentenza di primo grado che, sulla base di un prevalente interesse del minore all’accertamento della verità biologica rispetto a quella legale, aveva accolto l’impugnazione del riconoscimento del figlio naturale, proposta dal curatore speciale del minore, per avere la consulenza emato-genetica (esame del Dna) disposta dal Tribunale per i minorenni di Catanzaro escluso la paternità biologica dell’autore del riconoscimento.
La Corte d’Appello, in conformità agli indirizzi giurisprudenziali di legittimità e costituzionali, in accoglimento delle richieste formulate nell’atto di citazione aveva disposto, invece, l’inammissibilità dell’impugnazione in quanto contraria all’interesse attuale del minore che, nel caso di specie, comportava una prevalenza dell’interesse di questi a conservare la stabilità delle relazioni affettive rispetto alla veridicità del rapporto di filiazione.
L’osservazione della Corte d’Appello, sostenuta dalle argomentazioni proposte dall’avvocato Stefania Valente nel controricorso proposto dinanzi alla Corte di Cassazione, “si colloca nel solco di quella giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo che, nel rispetto del principio della “continuità degli affetti”, valutato alla luce del tempo vissuto insieme, della qualità delle relazioni e del ruolo assunto dagli adulti nei confronti del minore, consideri “la consolidata comunanza di vita” uno spazio esistenziale determinante per un armonioso sviluppo psico-fisico del minore”.
La stessa curatela deve essere letta alla luce delle convenzioni internazionali che richiedono che il curatore speciale, rivestendo un ruolo di alta responsabilità sociale, abbia una formazione multidisciplinare, qualificata specializzazione e la capacità di valutare se il contesto processuale possa costituire un ambito di ulteriore pregiudizio per il minore, una deriva patologica che possa condurre a conseguenze ancora più gravi sul piano esistenziale.
La Corte di Cassazione, nel considerare corretto l’accertamento effettuato dalla Corte di Appello di Catanzaro, avendo la stessa valutato ogni profilo di rilevanza, ha ribadito la "prevalenza dell’interesse alla certezza degli “status” ed alla stabilità dei rapporti familiari rispetto alla verità biologica, nell’ambito di una sempre maggiore considerazione del diritto all’identità personale, non necessariamente correlato alla verità biologica ma ai legami affettivi e personali sviluppatisi all’interno di una famiglia”.
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