di MARCO VALLONE
In questi giorni il Centro Ippico “Valle dei Mulini” - Scuderia Cricelli, a Catanzaro, sta ospitando il Campionato Regionale Salto Ostacoli 2025. Non c'è solo la competizione equestre nel Centro però, dal momento che questa mattina ha trovato anche spazio, nel contesto della manifestazione, la rilevante presentazione del progetto “Oltre l'Ostacolo dell'Indifferenza e con la Gioia del Dono nel Cuore”, promosso dall'Associazione San Benedetto Abate di Cetraro, fondata da don Ennio Stamile, e sostenuto dal Comitato Regionale FISE Calabria.
Hanno partecipato alla presentazione del progetto, tra gli altri, la vicepresidente dell'Associazione San Benedetto Abate di Cetraro, Conny Aieta, e il giornalista Valerio Giacoia, tra i promotori dell'iniziativa. Il progetto si pone un'importante fine di solidarietà: quello di acquistare e donare una macchina spaccapietre per i bambini del villaggio di Paouigna in Benin, nell'Africa Occidentale. Perché proprio una macchina spaccapietre? Perché, in quella parte del mondo sconosciuta agli occhi dei più, i bambini, sin dall'età di tre anni, spaccano pietre per sopravvivere. Qualcosa che appare inconcepibile alla visione di chi non ne ha consapevolezza. Ma prenderne coscienza, probabilmente, è il primo passo per avere una piccola idea di ciò di cui si sta parlando.
“Io mi occupo di Africa – ha spiegato Valerio Giacoia – e soprattutto vado ogni anno nel continente nero a raccontare le vicende africane, soprattutto quelle che riguardano i cosiddetti ultimi. Un paio d'anni fa mi trovavo in Benin, che è un piccolo Stato sulla costa occidentale dell'Africa, nell'oceano Atlantico, e sono andato a visitare un villaggio remoto, poverissimo, dove la principale occupazione è spaccare le pietre. Ci sono i bambini che cominciano a 3 anni, fin quando diventano grandi, a spaccare pietre per il sostentamento delle famiglie, perché non c'è altro da fare. Non c'è acqua, non c'è agricoltura, non c'è nient'altro. E quindi io ho voluto raccontare questa storia terribile. Sono dei piccoli schiavi: come i nostri bambini nascono con il cellulare in mano, loro nascono con il martello in mano per spaccare le pietre. Alle spalle di questo villaggio c'è una cava di granito. Qualcuno prende i massi grandi, ma poi i bambini sono occupati in tutto il villaggio a sminuzzare queste pietre che poi vengono vendute alla piccola e media imprenditoria edile che evita così il circuito ufficiale per spendere di meno. Pensate che al bambino che fa un quintale di pietruzze, che poi vengono utilizzate per i lavori edili, gli danno 1 euro e 50 centesimi. Questo euro e 50 viene poi diviso per mangiare, per pagare l'uomo che è andato a prendere il masso grande sulla montagna... Insomma, è una vita infernale. Sono piccoli schiavi”.
Chiaro il racconto di Giacoia, che spiega per quale ragione, dunque, si è pensato di voler acquistare e donare questa macchina spaccapietre per i bambini del Benin. Forse sarebbe più sensato pensare che i bambini di 3 anni le pietre non dovrebbero spaccarle proprio per lavorare, ma saremmo a un livello di civiltà verosimilmente fantascientifico per il contesto in cui queste cose accadono. Valerio Giacoia, che ha curato sul caso un reportage sulla questione, ha voluto provare a spingere qualche occidentale ad impiegare qualche minuto a leggere di questi accadimenti, per “rendersi conto di quanto siamo fortunati ad essere nati da quest'altra parte del mondo”. Essere nati dalla “parte fortunata del mondo non è una colpa dei nostri ragazzi – ha sottolineato Valerio Giacoia -, però è importantissimo che anche loro, e tanti altri, si fermino un momento a riflettere su quanto bambini, che sono uguali a loro, soffrano per situazioni terribili come questa in Benin”.
Quindi l'idea di acquistare questa macchina spaccapietre, una tecnologia in grado magari non di lavorare totalmente al posto dei bambini, ma almeno “di aiutarli in buona parte a fare questo lavoro, dandogli magari più tempo per andare a scuola, visto che vanno anche a scuola”. Valerio Giacoia ha evidenziato come la stampa italiana tenda ad essere normalmente indifferente a queste situazioni. “Ora si parla di Gaza per esempio, però ci sono anche tanti altri conflitti importanti di cui nessuno si occupa, come il Sudan per esempio. Ci sono un milione di bambini a rischio fame: come dire metà Calabria a rischio fame”.
La FISE ha quindi favorito, per provare a trovare una soluzione per i bambini del Benin, il contatto con l'Associazione San Benedetto Abate di Cetraro, che si occupa da anni di vicende a cavallo tra la Calabria e l'Africa. La vicepresidente dell'Associazione, Conny Aieta, architetta che cura tutti i progetti che si fanno in Africa nel nome dell'associazione, ha spiegato come l'associazione si occupi “soprattutto di progetti legati all'educazione, al reinserimento lavorativo di persone svantaggiate e alla sanità. Gestiamo un orfanotrofio di circa 40 bambini, un ospedale, stiamo per costruire una biblioteca in un villaggio, per una comunità che ha circa 300 bambini, e stiamo ristrutturando una scuola in un villaggio di palafitte, dove di scuole non ce n'erano. E quindi abbiamo iniziato ora questo progetto per i bambini del Benin, con questa macchina spaccapietre. Sono bambini che conducono una vita molto dura: si alzano alle 5 del mattino per spaccare le pietre fino alle 8. Poi vanno a scuola a fare le loro lezioni, per tornare poi a casa per spaccare le pietre. Poi ritornano a scuola dalle 15 alle 17, e alle 17 ricominciano a spaccare pietre fino ad ora di cena. Quindi insomma sicuramente una vita non da bambino: nessun bambino dovrebbe lavorare, ma dovrebbe pensare a studiare e a giocare, coltivando eventualmente qualche passione, qualche hobby. Quindi abbiamo pensato a trovare una soluzione quanto meno per alleviare il loro lavoro”. Da qui un incontro con i capi di questo villaggio in Benin, tenendo conto delle relazioni interne al villaggio “che vanno rispettate”, ha spiegato Conny Aieta. Si è dovuto quindi comprendere se questa macchina spaccapietre fosse “cosa gradita, e i capivillaggio ci hanno dato il loro consenso” all'acquisto. Una macchina “a motore a scoppio. Quindi non ci sarà il problema dell'elettricità, perché nel villaggio ovviamente non c'è corrente”.
Michele Valente, presidente FISE Calabria, ha dal canto suo evidenziato come la federazione abbia “sposato questo progetto. Non possiamo intervenire direttamente però dovevamo far capire che lo sport, oltre ad essere agonismo, è inclusione sociale. Per cui non potevamo rimanere indifferenti di fronte a quello che succede in queste parti del mondo”.
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