Catanzaro post-elezioni. Serrao (I Quartieri): “Capoluogo inesistente"

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Alfredo Serrao
  07 ottobre 2021 14:40

“Ad urne chiuse ed a risultati consolidati c’è un dato che diventa inoppugnabile, che sancisce la rievocazione delle Signorie e delle consorterie, dell’esposizione degli stemmi araldici della politica nobile nel concetto di pirateria, della detronizzazione di tante teste coronate, ma soprattutto della morte civica prima e politica dopo di una città: Catanzaro il capoluogo di regione inesistente. In molti definiscono il problema nella mancanza di rappresentanza della città nel nuovo Consiglio regionale, dove trova nuovamente posto soltanto, un eletto nella lista della Lega e ritenuto da tanti, cosa non del tutto condivisibile, un corpo estraneo nella storia e nella tradizione di Catanzaro ed un altro appartenente a FDI. Questo è il dato sul quale tutti indistintamente, secondo la buona tradizione italiana, si dichiarano vincitori per una frazione di punto percentuale acquisita, per un exploit acquisito in prima battuta, per essersi accasati ad un secondo posto restituendo al ragionamento complessivo il valore della sconfitta solo e soltanto al fenomeno dell’astensionismo”. Lo afferma Alfredo Serrao, presidente associazione “I Quartieri”.

“La città di Catanzaro, quella dell’ultimo appello dell’Arcivescovo Bertolone: “Catanzaro, svegliati guarda lontano”, non consegna le sue spoglie mortali alla causa dell’astensionismo e nemmeno ad una ridotta rappresentanza politica regionale, le consegna semmai ad una mancanza di proposta, di strategia e di vero amore per se stessa, quello che è stato tradito, sempre, sull’altare della convenienza dei singoli, dei casati della politica e della stretta commistione fra il cosiddetto “impegno” rappresentativo e consolidati interessi economici. Per amore di verità c’è da dire che al netto di investiture araldiche di candidature chiuse nel perimetro delle “famiglie” e dei casati, che sono la prosecuzione del sistema perverso tutto catanzarese della mutazione politica, esistevano nelle diverse liste espressioni autentiche ed anche genuine e lontane dal valore consociativo, che sono state viste non dall’elettorato, ma dai kapò locali, come un’opportunità, ma sempre e comunque come un pericolo per la difesa di un sistema chiuso. In questo quadro che non è miopia politica, sarebbe troppo semplice per ridurne il carico di responsabilità, l’asse di importanza della città, ammesso che sia mai esistito, si è decentrato soccombendo su accordi di genere che hanno staccato il ticket di altri candidati nel collegio centro, consolidando uno scenario politico futuro assolutamente Vibocentrico. La nostra non è una difesa ad oltranza della DOP catanzarese o dei fasti di un tempo che fu, ma semmai la presa di coscienza che Catanzaro sia una colonia, oggi per una mancanza di rappresentanza a difesa e fino a ieri per l’occupazione interna dei signorotti locali che trasmigrando da sinistra a destra e viceversa hanno drogato una città, sottomettendola ad interessi, diciamo di politica complessa. Negli ultimi venticinque anni Catanzaro ha conosciuto e fatte sue tutte le formule di compromesso e di commistione sotto la regia del sindaco Sergio Abramo, che un giorno si dichiarava imprenditore liberale lontano dalle liturgie della politica, ed il giorno successivo era raffinato tessitore e diplomatico di accordi con i potentati politici dalla città, diventandone garante ed a volte complice. In questi anni abbiamo assistito alle maggioranze variabili costruite dalla Santissima Trinità, quella teoria delle “tre colonne” che come i monoliti hanno governato la città. Si è conosciuta una opposizione in “saldo”, acquistabile con una mezza struttura regionale e si è conosciuta l’ignominia di scandali ed inchieste piovuti sul palazzo di città come una maledizione, addomesticati da una mancata trasparenza di un Amministrazione ostile e da qualche sagra di quartiere sbandierata e concessa ad un popolo beone e drogato da fuochi d’artificio, mentre sullo sfondo si consolidava il dato attuale del crepuscolo, o meglio della morte annunciata di una città”, continua Serrao.

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“Oggi ripartiamo da questo dato ed allora si impongono le dimissioni del sindaco Sergio Abramo e di tutta l’allegra brigata cittadina, quella che è attenta alle briciole che il nuovo governatore Roberto Occhiuto vorrà lanciare nella mischia o che pensa di rimettere sul capo la corona di sindaco a qualche ex “testa” coronata caduta nel campo di battaglia. O peggio ancora rispolverare la complicità silenziosa di Palazzo De Nobili resettando il programma ed indicando altri “reali” di convenienza, magari quelli che sono sempre pronti sulla linea di partenza per cucirsi la fascia tricolore sul pigiama, incuranti di appartenenze, mancate scelte di campo e soprattutto di un consenso costruito sulle fatiche altrui. Sbaglia chi pensa di aver già messo il cappello sulle prossime elezioni comunali a Catanzaro, sbaglia a credere che i giochi siano sempre senza frontiere e senza responsabilità, perché molti temi che sono stati cult nella campagna elettorale come la sanità, torneranno sui tavoli della città, facendo pagare pegno a chi è stato colpevolmente muto, a chi ha pensato di risolvere senza metterci faccia e cuore ed a quanti pensano di legare le loro fortune politiche ad un conto economico consumato sulla salute dei catanzaresi e dei calabresi. Catanzaro ha bisogno di un'altra storia futura che imponga a tanti di guardare nelle proprie scarpiere domestiche e che restituisca speranza ed orgoglio ad una nuova classe dirigente che non è certamente quella che negli anni si è fatta modificare il DNA per una prebenda, per una mollica consegnandosi alla morte politica, la stessa che hanno lasciato in eredità alla città di Catanzaro”, conclude  Serrao.

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