Catanzaro, Ranieri: "Accordo Calabria–Emilia Romagna sulla sanità, una chiusura gravissima"

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Andrea Ranieri

"Medici bloccati, mobilità sanitaria negata e in Calabria su questo accordo regna il silenzio.

  04 dicembre 2025 15:02

Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma di Andrea Ranieri, già consigliere comunale di Catanzaro

"L’accordo siglato tra la Regione Calabria a guida centrodestra e la Regione Emilia-Romagna a guida centrosinistra in materia di mobilità sanitaria costituisce un pericolosissimo precedente che rischia di mortificare il dettato costituzionale oltre che il diritto alla salute dei cittadini calabresi, creando di fatto una “zona rossa” sanitaria tra le due regioni. Questo provvedimento si affianca al ritorno in grande spolvero dell’autonomia differenziata attraverso diversi articoli di legge infilati nella manovra finanziaria che di fatto danno il via libera alle intese delle singole regioni anche negli ambiti, come quello sanitario, considerando non necessaria la definizione dei lep.

Tra gli aspetti più inquietanti dell’accordo con l’Emilia-Romagna è l’assoluto divieto per i medici emiliani di svolgere visite o operazioni in Calabria, così come per i medici calabresi di prestare la loro attività in Emilia- Romagna.

Questa “chiusura professionale” non è un dettaglio tecnico: è una scelta strategica che recide ogni collaborazione sanitaria tra le due regioni, penalizzando pesantemente non solo i pazienti che potrebbero voler ricorrere a figure mediche altamente specializzate lontano da casa ma anche l’attività professionale dei medici. Il risultato più pesante non potrà che essere una riduzione effettiva delle opzioni di cura, soprattutto nei casi in cui la Calabria fatichi a garantire determinate prestazioni e ciò costituisce il dato più evidente nella sua drammaticità.

L’accordo, valido dal novembre 2025 al 31 dicembre 2027, prevede tetti di spesa rigidissimi per calabresi che vogliono curarsi in Emilia-Romagna, con prestazioni consentite fuori regione radicalmente ridotte.

Restano, infatti, escluse quasi tutte le patologie ordinarie (i cosiddetti DRG “ordinari”), eccetto casi molto limitati come chemioterapia, radioterapia, medicina nucleare e dialisi.

In altre parole, a molti pazienti calabresi, tra quelli che non rinunciano alle cure e avrebbero la possibilità di affrontare la migrazione sanitaria anche indebitandosi, verrà ulteriormente sottratta una possibilità di cura. Una limitazione questa che sembra calpestare i principi costituzionali, soprattutto in considerazione della gravissima situazione in cui versa la Sanità calabrese.

Tutto ciò va ben oltre il “patto antifuga”, ratificando un prototipo di regionalismo sanitario spietato che

limita l’accesso alle cure e impedisce il libero scambio di competenze mediche, in un Paese completamente frammentato.

È difficile non leggere l’intesa come un significativo passaggio verso quell’autonomia differenziata che tanti politici – a parole – criticano, ma che nei fatti continua a permeare le scelte strategiche.

Infatti, mentre l’operazione si consumava, i grandi partiti che si dichiarano pubblicamente contrari

all’ipotesi di legiferare in tema di autonomia differenziata rimanevano stranamente muti. Questo silenzio non è neutro. Significa abbandonare i cittadini calabresi al loro destino, lasciare che un diritto fondamentale come quello alla salute venga rimodulato sulla base di accordi bilaterali, senza il contraddittorio politico che meriterebbe e nello spregio più totale di una parte consistente di cittadini italiani.

In questo quadro, condivido pienamente le parole di Pierpaolo Bombardieri che ha rotto il silenzio con parole ferme e nette, definendo l’operazione come “una cosa vergognosa”. Ed ha ragione.

Le parole di Pierpaolo Bombardieri, segretario generale UIL, sono un grido che viene dal Sud e parla a tutta l’Italia:

«Sono calabrese, spero di non sentirmi male in Emilia-Romagna… per essere curato dovrei tornare in Calabria». Questa frase è chiara perché racconta il sentimento di milioni di cittadini che vivono in regioni dove la sanità è stata devastata da anni di tagli e commissariamenti e gioverebbe ricordare che i commissari li ha scelti e mandati lo Stato che ha la sua parte di responsabilità.

Secondo professionisti autorevoli, l’accordo con l’Emilia-Romagna potrebbe violare l’art. 32 della Costituzione (tutela della salute) e l’art. 3 (uguaglianza): discriminare i cittadini in base alla loro residenza non è solo politicamente inaccettabile, ma costituzionalmente pericoloso.

Ritengo che le Istituzioni competenti, nazionali e regionali, dovrebbero garantire la piena mobilità sanitaria, senza limitazioni arbitrarie sui medici e senza tetti che comprimano l’accesso alle cure.

A mio parere è necessario un dibattito pubblico trasparente, si proponga una riunione del Consiglio regionale aperto con il coinvolgimento dei pazienti, dei medici, delle associazioni civiche e dei garanti per i diritti sanitari, delle istituzioni locali, per trovare un modo affinché questa intesa venga annullata e non normalizzata come il nuovo modello standard".

 

 


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