Catanzaro, Scoppa: "La rinascita del centro storico non passa dagli affitti imposti"

Share on Facebook
Share on Twitter
Share on whatsapp
images Catanzaro, Scoppa: "La rinascita del centro storico non passa dagli affitti imposti"
L'avvocato Sandro Scoppa, presidente Confedilizia Calabria
  04 agosto 2025 18:22

Di seguito l'intervento di Sandro Scoppa, presidente Confedilizia. Calabria.

ho letto con attenzione la lettera aperta di Francesco Citriniti, pubblicata alcuni giorni fa dal suo giornale, ai proprietari di immobili commerciali del centro storico di Catanzaro. Pur apprezzando l’intento di stimolare un dibattito sul futuro della città, ritengo necessario chiarire che la sua analisi parte da presupposti errati e giunge a conclusioni che non affronterebbero le vere cause del problema.

Banner

L’autore della lettera fonda il suo ragionamento sull’idea che il valore di un affitto commerciale sia proporzionale al numero di persone che passano davanti a una vetrina. È una visione riduttiva e, in molti casi, fuorviante. Un imprenditore non apre un’attività per collezionare passanti, ma per generare profitti. E il profitto non è funzione automatica del flusso pedonale: dipende dal potere d’acquisto della clientela, dalla spesa media, dall’adeguatezza dell’offerta alla domanda, dai costi complessivi di gestione, dalla stabilità del contesto normativo e fiscale e dalle prospettive di redditività. Un corso affollato può essere un deserto commerciale se chi lo percorre non acquista; al contrario, una via meno frequentata può essere redditizia se intercetta un pubblico disposto a spendere.

Banner

Il riferimento al “giusto prezzo” degli affitti si inserisce in una tradizione di pensiero che la storia economica ha smentito più volte. L’idea che esista un prezzo “equo” fissabile dall’alto, indipendentemente dal mercato, appartiene a un dirigismo che ha prodotto fallimenti ovunque sia stato applicato. Il prezzo non è un concetto morale, ma un indicatore di scambio determinato dall’incontro tra domanda e offerta. Se fosse possibile stabilire un prezzo corretto per decreto o per appello alla coscienza, l’economia non avrebbe mai conosciuto crisi, carestie o sovrapproduzioni. Persino nei cataclismi naturali o nelle emergenze, quando le autorità hanno imposto prezzi massimi “giusti”, si sono generati scarsità, mercati neri e allocazioni inefficienti. Lo stesso accadrebbe fissando un tetto “virtuoso” agli affitti: l’effetto sarebbe scoraggiare investimenti, manutenzioni e riconversioni, impoverendo ancora di più il tessuto urbano.

Banner

Il paragone con Treviso, Fiumicino o Busto Arsizio è privo di consistenza economica non solo perché ignora la diversità evidente tra contesti urbani, ma perché presuppone che esista un modello uniforme di determinazione del valore degli affitti, valido ovunque. Ogni città ha una propria combinazione di fattori che incidono sulla redditività di un locale commerciale: struttura produttiva, vocazione economica, tessuto sociale, potere d’acquisto medio, capacità di attrarre visitatori, qualità dei servizi, sicurezza, trasporti e livello di concorrenza.

Treviso, ad esempio, può sostenere canoni elevati grazie a un’economia diversificata e robusta, a un centro storico di forte richiamo turistico e culturale e a un bacino di utenza con redditi medi molto superiori alla media nazionale. Fiumicino beneficia a sua volta dell’Aeroporto Leonardo da Vinci, uno dei principali hub europei, che garantisce un flusso costante e massiccio di potenziali clienti con elevata propensione alla spesa. Busto Arsizio infine si colloca nel cuore di un’area industriale e commerciale tra le più sviluppate d’Europa, con densità abitativa e potere d’acquisto tra i più alti del Paese.

Catanzaro, al contrario, deve fare i conti con un calo demografico costante, un reddito pro capite tra i più bassi d’Italia, una ridotta capacità di spesa della popolazione e flussi turistici modesti e discontinui. Applicare meccanicamente ai canoni di Catanzaro i parametri di città con economie forti e mercati vivaci significa ignorare le basi stesse dell’analisi di mercato. Un affitto “sostenibile” non può essere calcolato con la calcolatrice del confronto aritmetico tra metri quadri e valori di altre piazze, ma va determinato dalla capacità reale di un’attività commerciale di generare profitti in quel contesto specifico.

Ma vi è di più.

La desertificazione commerciale non è un fenomeno esclusivo di Catanzaro: è diffusa in tutta Italia e in molte città europee. È il prodotto di trasformazioni sociali profonde: famiglie più piccole, maggiore mobilità, acquisti programmati settimanalmente o mensilmente, uso crescente dell’e-commerce, declino delle relazioni di vicinato. La “passeggiata tra le vetrine” è diventata eccezione. Non è l’offerta di locali a essere fuori mercato, ma la domanda a essersi strutturalmente ridotta.

A questo si aggiungono criticità strutturali degli affitti commerciali: contratti rigidi regolati da norme vecchie di decenni, vincoli urbanistici che rallentano o impediscono riconversioni, procedure lunghe e costose per ottenere licenze, tassazione gravosa su locali sfitti e oneri di manutenzione pesanti. In un contesto così ostile, chiedere ai proprietari di ridurre “per coscienza” i canoni è un approccio moralistico che ignora sia la logica economica sia il diritto di proprietà.

Così stando le cose, appare chiaro che la rinascita del centro storico non si possa ottenere con prezzi amministrati o moralmente suggeriti, ma con la creazione di un contesto favorevole agli investimenti: meno burocrazia, meno tasse, più libertà contrattuale, maggiore sicurezza, migliori servizi e infrastrutture urbane. Solo un ambiente competitivo e aperto potrà attirare imprenditori disposti a rischiare e generare nuova domanda di locali. La storia del resto insegna che il mercato, quando lasciato libero di funzionare, trova il prezzo ottimale; quando lo si vuole “correggere”, si ottiene solo stagnazione e declino.

Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner