
di ANTONELLO TALERICO
C’è un limite storico, profondo, quasi strutturale, che frena Catanzaro più di qualunque mancanza infrastrutturale: la continua contrapposizione interna, la perenne logica del “noi” contro “loro”, anche quando quel “noi” e quel “loro” appartengono alla stessa città.
Catanzaro ha molti quartieri, una geografia urbana ampia e complessa. Eppure, quando si tratta di decisioni strategiche, tutto si riduce sempre al solito schema: Catanzaro Centro contro Catanzaro Lido, dentro cui finisce schiacciata anche l’area direzionale di Germaneto.
Una polarizzazione che ormai non è più dialettica urbana: è una frattura culturale.
Lo si è visto perfino per il Capodanno: un evento simbolico che dovrebbe unire la comunità è diventato l’ennesima occasione per dividersi.
Centro o Lido? Come se la crescita della città dipendesse da un palco piantato da una parte o dall’altra.
E questo copione si ripete da anni:
L’ospedale: deve rimanere in città? Deve andare a Germaneto? Deve scendere verso Lido?
Lo stadio: meglio mantenerlo al Centro o trasferirlo?
Ogni grande scelta diventa un terreno di scontro, mai un punto di sintesi.
È evidente che una città che riesce a spaccarsi su tutto – perfino sulla collocazione di un presidio sanitario o di un impianto sportivo – è una città che non ha ancora costruito una propria identità collettiva.
E senza identità, non c’è crescita possibile.
Ma accanto al limite culturale c’è un altro problema, altrettanto grave: l’incapacità dell’amministrazione di guidare, spiegare, motivare, accompagnare le scelte.
Un’amministrazione che comunica poco, male o tardi; che non costruisce percorsi partecipati; che non spiega i criteri, le ragioni, i benefici di una decisione.
In questo vuoto di comunicazione e di visione, è inevitabile che i cittadini riempiano lo spazio con sospetti, timori, rivendicazioni territoriali.
La verità è che Catanzaro non cresce perché manca una guida capace di affrontare il tema più importante: la trasformazione culturale e mentale della città.
Non basta amministrare l’ordinario: serve indicare una direzione, costruire consenso, far capire perché una scelta è strategica per tutti e non per una sola parte.
Senza questo salto culturale – che oggi l’amministrazione non sta minimamente conducendo – ogni progetto diventerà terreno di scontro, ogni scelta una miccia accesa, ogni proposta una battaglia di appartenenza.
Catanzaro deve decidere se restare imprigionata in questa logica sterile o imboccare finalmente la strada della maturità civica.
Deve superare la guerra infinita tra Centro e Lido – che non ha né vincitori né utilità – e iniziare a ragionare come una comunità unica, capace di guardare lontano.
Una città spaccata non cresce. Una città confusa non decide. Una città che non si riconosce non può pretendere sviluppo.
E soprattutto: una classe dirigente che non sa unire non può guidare il cambiamento.
Catanzaro merita di più: merita una visione, una guida, una cultura della coesione che oggi, purtroppo, non vede.
*Consigliere Comunale di Catanzaro
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