di FRANCO CIMINO
Il nostro, quello di Catanzaro, Città bellissima, è un bel cielo. Il vento che vi soffia dentro, è buono. È vento amico. Ripulisce l’aria dall’afa e dai pulviscolo nocivo alla salute, degli abitanti e della natura. Da molti giorni questo vento non si muove e nulla nel cielo si agita. C’è un’aria strana nel cielo di Catanzaro. È pesante, umida, viscida, vischiosa. Direi anche ammorbata, malsana, ombrata.
È pesante, come la sorpresa che ha colto i catanzaresi nelle tante albe risvegliate da rumori, che non sono quelli dei passi. E da suoni forti che, pur squarciandola, non sono quelli delle campane dei suoi campanili e neppure il canto stonato proveniente dalle stanche sirene del suo mare. È umida, come il desiderio di veder ritornare la cara Catanzaro di un tempo. Viscida, come lo sguardo sui fatti che stanno accadendo e vischiosa come la reazione delle persone dinanzi ad essi. È vischiosa, come la coscienza politica che sta per trasformarsi in scheda elettorale. Ammorbata, come l’indignazione che si risveglia ad ogni alba, simile a queste nostre ultime, o davanti alle tv delle grida e delle sfilate di quegli uomini e quelle donne accompagnati da uomini in divisa a mostrare al mondo la loro “colpevolezza”. Malsana, come l’ipocrisia di chi non sapeva o non c’era. Ombrata, come chi c’era, ma è rimasto a casa e però l’aveva sempre detto che quello lì... non era per nulla onesto.
Un’aria pesante, come l’indifferenza collettiva di questi lunghissimi anni, come l’ossequio facile al brutto potere e ai nani che lo hanno rappresentato. Inodore, come la rassegnazione che avviluppa questa nostra comunità immobile, ferma come quest’aria che nulla muove. Quel rumore, che da lontano sembra venire, non sono i tuoni di una bufera che sembra annunciarsi tra parole dette, immagini regalate, carte nascoste, salotti coperti e presto disvelati. No, è solo la rabbia che da quella indignazione infuocata questo cielo acceca.
Tutto comprensibile. Qualcosa in parte anche utile a far pensare a una Catanzaro che finalmente si voglia liberare dal suo segreto male. C’è, tuttavia, una cosa che nell’aria manca. Una piccola forza che può liberare il cielo da ciò che lo appesantisce e lo scolora. È il dolore. Nell’aria non si sente il dolore. È il dolore che salva una realtà decadente nei suoi principi costitutivi e nei valori morali e culturali che un tempo l’hanno resa forte, nobile e fiera. Guida politica e culturale dell’intera Calabria. Perché è il dolore, individuale e collettivo, che fa prendere coscienza del proprio reale stato e spinge verso la motivazione al cambiamento. È il dolore che, catartico, si muove alla ricerca di un mondo nuovo. Di una Città più sana e pulita, che ritorni bella, a riscoprire passo dopo passo la bellezza, che ancora porta dentro. Un dolore forte, un sentirlo più forte, dentro il petto di ciascuno.
Ecco, questo manca per liberare quest’aria insopportabile che ci vuole tutti innocenti e solo quei pochi colpevoli, dentro una morale consegnata agli atti giudiziari, la politica abbandonata nelle mani di pochi furbetti e una cultura confusa dentro quel rumore di cose brutte che non diventerà mai suono.
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