Cento arresti in Italia per 'Ndrangheta . Il boss: "Noi siamo come le raccomandate, arriviamo direttamente a casa"

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  16 novembre 2021 12:02

"Noi siamo come le raccomandate, arriviamo direttamente a casa": così ha detto intercettata una delle persone finite in carcere oggi nel blitz contro la 'Ndrangheta, coordinato dalla Procura di Milano Firenze e Reggio Calabria.

La frase che mostra "minaccia e autorevolezza" è stata citata durante la conferenza stampa indetta a Milano per spiegare il carattere di "arcaicità e modernità della 'Ndrangheta", con imprenditori, come ha spiegato il procuratore facente funzioni Riccardo Targetti, costretti a diventare "complici e a fornirei l loro know-how" sia con la permanenza degli aspetti della "tradizione" violenta delle cosche.



Sono alcuni dei dettagli del blitz della polizia scattato all'alba tra Calabria, Lombardia e Toscana contro la cosca Molè di Gioia Tauro, una delle più potenti nel panorama criminale 'ndranghetistico. In totale sono circa 100 le misure cautelari eseguite: 36 a Reggio, 13 a Firenze e 54 in Lombardia. 

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C'è anche una azienda del Comasco che opera nel settore logistico tra i beni per un valore complessivo di 2.2 milioni di euro sequestrati oggi in Lombardia nel blitz della Polizia e della Guardia di Finanza in diverse regioni italiane contro presunti appartenenti alla cosca Molè, una delle storiche famiglie di 'Ndrangheta, che ha portato a 100 misure cautelari, di cui 54 fermi. Nell'operazione, coordinata dalle Dda di Milano, Firenze e Reggio Calabria, sono stati sequestrati anche immobili e conti correnti. Per l'azienda è stata emessa una misura di prevenzione ed è già stato nominato un amministratore giudiziario.

Le indagini, coordinate dal procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, hanno interessato le cosche di 'ndrangheta del versante tirrenico reggino. Investigatori della squadra mobile e del Servizio centrale operativo stanno eseguendo il provvedimento cautelare emesso dal gip Tommasina Cotroneo in diverse regioni d'Italia e all'estero. 


"La criminalità organizzata non è un fenomeno incentrato solo in certe regioni, qua ha più difficoltà a prendere il controllo, anche politico, ma rischia di arrivare a prenderlo, se non si alza la soglia di allerta". E' l'appello alla "società civile" lanciato dal procuratore  nel corso della conferenza stampa per illustrare il maxi blitz contro la 'ndrangheta che sta "inquinando" il tessuto economico lombardo. Per Targetti "chi si avvicina a questo mondo, per difficoltà o per timore nell'illusione di guadagnare migliori condizioni, deve sapere che sta giocando col fuoco".

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L'inchiesta, ha detto Targetti, ha messo in luce anche "un traffico di droga dall'Italia alla Svizzera e di armi dalla Svizzera all'Italia", oltre al quadro di "imprenditori vittime di estorsioni", anche da 300-400mila euro, "e usura", finiti nel "terreno di caccia" della 'ndrangheta e che "per uscire dalla 'macchina infernale' si sono resi complici con il loro contribuito di know how". Un sistema che ha permesso di "mettere in piedi decine di cooperative nei settori delle pulizie, del facchinaggio e del trasporto".

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E di creare "ricchezze illegali" col meccanismo delle "fatture false, con l'omissione del pagamento delle imposte per milioni e milioni di euro sottratti al Fisco, all'Ue e all'Inps e che drogano l'economia e si pongono in maniera concorrenziale contro gli imprenditori onesti". Un'inchiesta che, come precisato dall'aggiunto Dolci, è la "rappresentazione plastica della 'ndrangheta, misto di arcaicità e modernità, di 'mangiate', doti e cariche, mimetizzazione, propaggini svizzere per l'espansione all'estero e mediazioni mafiose richieste dagli imprenditori". I clan, ha spiegato ancora, "hanno sostituito le mazzette con i proventi dell'evasione fiscale".

E' in una riunione del 2010 a Gioia Tauro che si decise che andava "creato un sistema di cooperative per lucrare sui servizi di pulizie, facchinaggio e di inserirsi su un monopolista di servizi logistici che operava per conto di una grossa impresa nel settore del beverage", ossia la Spumador. I dipendenti hanno parlato di "15 anni di soprusi e minacce" dalle cosche, che volevano "indirizzare le commesse di trasporti" delle bevande. E uno di loro ha riferito "di essersi dimesso perché stanco delle continue violenze e minacce".

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