Un'azienda con un progetto per una centrale di biogas che prevede il trattamento annuo di 70.000 tonnellate di rifiuti organici e liquami da una parte, un’areale, quello di Curinga, con uliveti secolari, agrumeti, vivai e beni archeologici che, con il Comitato “Salviamo Curinga” dall'altra, cerca di scampare al grave pericolo che l'intera zona (con i paesi limitrofi) correrebbe se il progetto dovesse andare in porto.
Questo il quadro, oggi è il Comitato, fondato da cittadini, imprenditori e agricoltori residenti del borgo calabrese, a fare sentire la sua voce con forza. Testimone della determinata intenzione alla lotta è il platano orientale che campeggia sotto i resti del monastero di S.Elia Vecchio che di recente è assurto agli onori della cronaca per essere stato scelto come uno dei più begli alberi monumentali del mondo, mentre la Energy Waste Asset srl (EWA) con sede a Squillace, ma la cui effettiva proprietà non è evincibile ad oggi dalla visura camerale, ha già avviato la richiesta delle autorizzazioni a regione, provincia e comune per costruire in località Favarella (fraz. di Acconia) ai margini di centro abitato, aziende agricole, vivaiste, turistiche la centrale di biogas.
Nel contesto il Comitato, peraltro non pregiudizialmente contrario a questo tipo di impianti, rivela che destinazione, vincoli e cautele varie sulla zona, vocata interamente all'agricoltura di qualità, al turismo e alla tutela anche dei beni culturali (archeologici e storico-artistici) che il piano paesistico regionale ha vincolato perché siano preservate, rendono del tutto incompatibile la sua ubicazione. Nel contempo, dà il comitato indicazioni alternative come, per esempio, la non distante zona industriale Benedetto XVI, notoriamente capiente perchè in gran parte inutilizzata. L'obiezione che l'areale di Curinga è di natura industriale non regge nella realtà storica dei fatti trattandosi di un singolo lotto di terreno di cui fu cambiata la destinazione urbanistica 40 anni addietro e non si sa bene ancora perchè.
Almeno venti mezzi al giorno dovrebbero trasferire all’interno della centrale rifiuti e liquami mentre quasi 20.000 tonnellate annue di compost prodotto sarebbero trasportati all'esterno, transitando in mezzo agli abitati, mentre nella valutazione sulla fattibilità dell'impianto non è davvero trascurabile il problema della falda acquifera che fornisce acqua alle colture ed all'abitato e che si andrebbe a trovare sotto la centrale: oltre agli abitanti, alle imprese agricole, vivaistiche e turistiche non vivrebbero tranquilli neppure i vicini corsi d'acqua tra cui il torrente Randace che corre adiacente alla centrale e che dopo poche centinaia di metri si getta nel Mar Tirreno.
A fare fronte comune chiama, insomma, il Comitato “Salviamo Curinga” per la tutela del territorio, della sua naturale vocazione e nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile che si teme questo progetto possa davvero stravolgere nel nome di un green che nella fattispecie stona davvero.
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