di PAOLO CRISTOFARO
Assumeva un comportamento non corretto nei confronti dell'ufficio di appartenenza pronunciando la frase "che reparto di...", asserendo subito dopo "in questo reparto ci sono persone di...", ma non solo. Gli si addebitava una presunta "xenofobia latente" per mezzo di una nota personale riservata. Sono i motivi dietro la sanzione disciplinare pecuniaria comminata dal Dirigente del XII Reparto Mobile di Reggio Calabria ad un sovrintendente in servizio presso lo stesso, al quale, ora, il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso, con sentenza pubblicata il 20 maggio 2020.
I fatti risalgono al periodo compreso tra ottobre e novembre 2016, quando il sovrintendente in questione ha ricevuto tre sanzioni in meno di un mese, per le frasi pronunciate - che l'appellante ha cercato di giustificare ai superiori senza successo - e la riservata con "richiesta di chiarimenti" con la quale gli si addebitava una presunta "xenofobia". Il sovrintendente, appellandosi al Consiglio di Stato, aveva impugnato il provvedimento del 25 novembre 2016 di sanzione disciplinare e il decreto del Capo della Polizia del 29 maggio 2017 di rigetto del ricorso gerarchico proposto. Ma i giudici del Consiglio di Stato, parlando anche di "discrezionalità di valutazione dell'Amministrazione stessa", lo hanno appunto respinto.
La questione dell'accusa di "presunta xenofobia", invece, stando a quanto riporta il dispositivo della sentenza, sarebbe scaturita dalla "presunta volontà di sottrarsi all'aggregazione presso il CARA di Isola Capo Rizzuto al fine di evitare servizi che prevedono un contatto con gli immigrati". Secondo la nota dei superiori, difatti, l'indisponibilità sarebbe stata dimostrata dal sovrintendente "mediante la fruizione di congedo ordinario, recuperi riposo e permessi studio a far mancare la disponibilità per gli avvicendamenti presso questo centro."
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