Il movimento civico Radici e Ali denuncia l’abbandono del centro culturale al Convento e di Palazzo Staglianò, quest’ultimo proclamato sede museale e oggi ignorato persino da una mostra sull’arte contemporanea
Dovevano essere fiori all’occhiello della rinascita culturale di Chiaravalle. Simboli di una comunità che investe nel proprio patrimonio e guarda al futuro. Invece, dopo le rispettive inaugurazioni, il centro culturale e sala congressi del Convento e il restaurato Palazzo Staglianò giacciono in uno stato di semi-abbandono, chiusi al pubblico o scarsamente utilizzati. A lanciare l’allarme è il movimento civico Radici e Ali, che punta il dito contro l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Domenico Donato, denunciando “l’assenza totale di una visione strategica”.
Il caso più eclatante è quello di Palazzo Staglianò, riportato a nuova vita con un restauro tanto atteso quanto acclamato. Lo stesso sindaco Donato, insieme all’assessore alla Cultura Pina Rizzo, aveva promesso che quell’edificio storico sarebbe diventato la sede permanente del Museo dell’Arte Contemporanea. Una scelta ambiziosa, apparentemente coerente con la volontà di valorizzare il centro storico e dare spazio alla creatività del presente.
Eppure, oggi ci si trova davanti a un paradosso difficile da spiegare: la mostra attualmente in corso sull’arte contemporanea non si svolge a Palazzo Staglianò, ma all’interno di una scuola. Una decisione che lascia perplessi, giustificata — secondo l’amministrazione — dal fatto che “la scuola è più centrale”. “Ma cosa significa - si chiede Radici e Ali - se non l’ammissione implicita che Palazzo Staglianò resta marginale, inutilizzato?”.
Una vicenda che, per il movimento civico, evidenzia ancora una volta il modus operandi dell’attuale amministrazione: inaugurare senza progettare, tagliare nastri senza dare seguito, cercare consensi immediati senza alcuna prospettiva. Anche il centro culturale del Convento, altra opera che avrebbe dovuto ospitare eventi, conferenze e incontri pubblici, è rimasto confinato nel silenzio, chiuso nella quasi totalità del tempo.
“Non bastano le cerimonie – affermano da Radici e Ali – serve una programmazione reale, un piano di gestione, un'idea di cultura che non sia solo propaganda di giornata.” Il rischio, altrimenti, è quello di vedere trasformati gli investimenti pubblici in scatole vuote, simboli non di progresso ma di occasioni perdute.
“In un paese che fatica a trattenere i giovani, rilanciare l’economia locale e valorizzare le sue risorse, anche queste scelte – o non-scelte – fanno la differenza. E a pagare il prezzo dell’improvvisazione non è solo la cultura, ma l’intera comunità” scrive il movimento.
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