Archiviato dal gip del Tribunale di Vibo Valentia e ora anche dal Tribunale della stessa città dopo il reclamo al provvedimento del giudice dell’indagine preliminare.
Si conclude così la vicenda della presunta diffamazione aggravata nei confronti di Giuseppe Brugnano, segretario nazionale della Federazione sindacale di polizia (in servizio alla Digos di Catanzaro), e Lia Staropoli, presidente dell’associazione “ConDivisa”. Entrambi sono difesi dall’avvocatessa Silvana Curcio.
A denunciarli era stato Emanuele Mancuso, del clan di Nicotera e Limbadi, figlio del boss Pantaleone Mancuso, detto “l’Ingegnere”, ora collaboratore di giustizia.
La vicenda nasce dalla chiusura di un gruppo facebook fondato dallo stesso Emanuele Mancuso e che vedeva fra gli amministratori Carmine Cocciolo, condannato il 31 marzo del 2016 in Cassazione a 3 anni e 4 mesi per estorsione.
All’atto della chiusura del gruppo, Giuseppe Brugnano e Lia Staropoli si sono complimentati con la polizia postale, mentre Mancuso sosteneva che la chiusura sarebbe avvenuta da parte di Cocciolo.
Oggi il Tribunale di Vibo Valentia ha dichiarato la non sussistenza del reato di diffamazione anche dopo il reclamo presentato da Emanuele Mancuso e il suo legale, Antonia Nicolini
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