Ciacci: "Referendum 2025: la sinistra canta vittoria ma è una disfatta politica e il popolo italiano lo sa"
15 giugno 2025 11:37
di CLAUDIO MARIA CIACCI
La giornata referendaria del 12 giugno 2025 passerà alla storia non per una vittoria, ma per l’ennesima illusione narrativa della sinistra. Una sinistra in cerca disperata di una rivincita politica, di un senso, di un ruolo. E che oggi – nonostante l’evidenza dei fatti – tenta di spacciare come “successo” quella che è stata, a tutti gli effetti, una sconfitta politica, popolare e culturale.
I numeri sono chiari: solo il 30,6% degli aventi diritto si è recato alle urne. Un’affluenza ben lontana dal quorum del 50% necessario per rendere validi i cinque quesiti. Tutti e cinque bocciati, dunque, non dalla maggioranza, ma dall’indifferenza popolare. L’Italia non ha seguito l’appello della CGIL, dei soliti intellettuali militanti, della sinistra parlamentare e di quella extraparlamentare. E questo basterebbe già per dire che nessuna vittoria è stata ottenuta. Ma chi ha votato “Sì”? Questo è il punto cruciale. Su quattro dei cinque quesiti (quelli riguardanti lavoro, licenziamenti, tutele giudiziarie), i “Sì” hanno stravinto in percentuale. Ma bisogna chiedersi chi ha espresso quei voti. Perché non sono stati solo, e forse nemmeno principalmente, gli elettori del PD o di Sinistra Italiana.
Al contrario, buona parte di quei voti è arrivata dal mondo della destra sociale, da operai, autonomi, impiegati, piccoli imprenditori e precari stanchi di un sistema che li punisce due volte: prima con norme che limitano la libertà d’impresa o l’equilibrio nei rapporti di lavoro, poi con un apparato burocratico-giudiziario difeso a oltranza dalla sinistra. Chi ha votato “Sì” a quei quesiti spesso lo ha fatto contro l’ipocrisia delle tutele fittizie, contro una cultura giuridica che blocca lo sviluppo e protegge l’inefficienza. In molti, infatti, non si sono allineati a una visione ideologica, ma hanno espresso un voto di rabbia o di pragmatismo. La sinistra ha creduto di guidare un fronte popolare, ma si è ritrovata in coda a una protesta trasversale. Il vero schiaffo sul quesito 5: la cittadinanza automatica Il colpo più duro, tuttavia, è arrivato dal quinto quesito, quello relativo alla facilitazione della cittadinanza italiana per i figli di stranieri. Per la sinistra e per la CGIL era il tema simbolico. Quello identitario, “di civiltà”, come l’hanno definito nei loro comizi. Ma qui è arrivato il crollo, e per loro è stato imbarazzante: oltre il 34% dei votanti ha detto No. A votare contro non sono stati solo i sostenitori della destra patriottica, ma anche molti elettori della sinistra. Tanti cittadini che, pur condividendo altre battaglie sociali, non si sono sentiti rappresentati da una proposta ideologica che cancella ogni principio di identità, integrazione e reciprocità.
Questo è un dato politico pesantissimo. Vuol dire che la sinistra non ha più nemmeno il controllo della sua stessa base, e che i messaggi “inclusivi” imposti dall’alto non trovano più ascolto nel popolo. La retorica del “tutti italiani per nascita” ha perso. E ha perso perché è irrealistica, perché è pericolosa, e perché snatura ciò che significa essere cittadini di una Nazione. Il dato della Calabria e di Catanzaro: un segnale ancora più netto
A rafforzare questa lettura, arrivano i dati dalla Calabria, dove l’affluenza si è fermata al 28,1%, confermando il generale disinteresse degli elettori per un referendum che non ha saputo parlare al cuore della popolazione. Ma il segnale più clamoroso arriva da Catanzaro, dove non solo l’affluenza è stata tra le più basse del Paese (25,6%), ma dove, nei pochi seggi aperti, il quesito sulla cittadinanza ha visto prevalere nettamente il “No” con oltre il 41% dei voti. In una città simbolo del Sud, spesso usata dalla sinistra come esempio della necessità di inclusione e diritti civili, è arrivata una sonora bocciatura proprio su quel tema. Non per ostilità verso gli stranieri, ma per il rifiuto di una narrazione scollegata dalla realtà. È il segnale che anche il Mezzogiorno, tradizionalmente più aperto ai messaggi sociali della sinistra, sta voltando pagina. La sinistra e la sua solita illusione: la “vittoria di Pirro” Come se tutto questo non bastasse, ci tocca ascoltare l’ennesima filastrocca di Pier Luigi Bersani, che ancora oggi parla – con tono stanco e monotono – di “vittoria di Pirro”. Ma qui non c’è nemmeno Pirro. Qui c’è solo una sinistra che ha perso tutto: la spinta popolare, il consenso, la credibilità.
A Bersani ricordiamo volentieri la frase – ormai proverbiale – che gli rivolse suo fratello: “Forse in un’altra vita avresti potuto pensare di diventare Presidente del Consiglio.” Già, forse. Ma anche in quell’altra vita il giaguaro sarebbe rimasto lì dov’era, e lui, col pennello in mano, avrebbe continuato a smacchiarlo davanti alle telecamere. Conclusione: un referendum che ha parlato chiaro Il referendum del 12 giugno 2025 non ha dato una risposta ai quesiti tecnici, ma ne ha data una molto chiara su un piano politico. Ha detto che l’Italia non segue più le parole d’ordine della sinistra, che non crede più ai suoi slogan vuoti, che non vuole essere rappresentata da un sindacalismo che parla a nome di un popolo che non c’è più. Il risultato di questo referendum è un segnale forte: la sinistra è rimasta sola. E mentre festeggia un “Sì” numerico senza peso, perde ancora una volta la battaglia più importante: quella per il cuore, la voce e la volontà degli italiani.