Cimino: "Gli anni di Bruno Arcuri nel sedicesimo della scomparsa"

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Franco Cimino
  28 luglio 2025 10:22

di FRANCO CIMINO

Quanti sono sedici anni? Sono niente! Come niente? Sono tanti! È vero. Sedici anni sono niente e tanti. Niente se consideri il tempo come vento. Un po’ è lieve. Un po’ è forte. E nel mezzo é forza mediana tra il lieve e il forte. Il vento, che muove l’aria, trasporta gli anni. E non li si conta. Ché non si misura ciò che il vento muove con sé. Non si può, perché il vento che scompiglia i capelli delle mamme e agita le fronde degli alberi, e fa talvolta tremare cioè che incontra sulla sua strada, non ha misura per noi. Noi lo sentiamo, il vento. Quando ci spettina, anche i pochi capelli e le idee in testa. Quando svolazza l’abito lungo delle donne. Quando ci carezza il viso. E muove le onde del mare e ne fa ricci belli. Cangianti di colore via via che passi il tempo sulla giornata. Per cui gli anni passano e non li contiamo. Uno due tre dieci venti tenta quaranta… cento. La nostra vita passa. Il vento resta. A fare il suo mestiere. Trasportare gli anni e non farli sentire. Sedici anni, allora non sono niente. Non sono niente, sì. Se noi li sentiamo come momenti che si legono all’infinito, del quale essi non sono misura. E, allora, i sedici anni di Bruno non sono niente.

Con il vento lui è venuto e con il vento lui se n’é andato. Ma gli anni di Bruno non sono solo quelli della lontananza. I quali sono tanti per chi l’ha partorito, per chi vi è cresciuto insieme, per chi l’ha conosciuto. Per chi, conoscendolo, l’ha amato. Sono infiniti per chi l’ha tenuto tra le braccia e le trova vuote. Per chi l’ha guardato negli occhi e non li trova. Neppure dietro quegli occhiali grandi e le lenti spesse. Sono infiniti per quanti gli hanno stretto la mano e se la trovano fredda e vacante. Per gli stessi che ne hanno udito la sua voce vibrante e sentito la forza della sua parola, che le proprie orecchie sono diventate sorde. Sedici anni sono tantissimi per la sua Comunità, che egli ha servito con un amore incommensurabile. Un amore nato da quello che i suoi cari e ,in particolare, quel nonno gli hanno ispirato per la Politica. E per Castagna e da lì per Carlopoli. Una voragine questi sedici anni senza di lui. La stessa creatasi in Calabria e nella Politica come Bruno la concepiva. L’attività, cioè, più alta dello spirito umano e delle mani che fabbricano idee, pensiero, azioni, fatti. Ma gli anni di Bruno, non sono solo questi della mancanza. Sono anche i ventotto che lui ha vissuto. Qui. Da noi. In tutti gli spazi da lui “ occupati” ha lasciato un mondo di cose indimenticabili. Non dico, per pudore e e senso di inadeguatezza, di quelli domestici e familiari. Ma è facile immaginarli, osservando la forza e la serenità che ha lasciato in tutti i suoi cari. A sopportare un dolore indicibile e da quello trarre linfa per vivere “felici”, donando al mondo anche a nome suo. Nella scuola dove, pur nel breve tempo di insegnamento, ha lasciato una cultura della scuola stessa profonda, antica e nuova. E un metodo nuovo con il quale insegnare, cioè trasferire saperi, formando, cioè educare ai valori più profondi della vita. E dell’umanità che in essa va conservata. Nel suo piccolo comune, Carlopoli, nel quale hai impresso tracce incancellabili di un modo nuovo di amministrare, facendo di quel piccolo borgo di montagna, un punto di riferimento per i paesi del comprensorio. E un faro luminoso in una Calabria che già da tempo aveva perso la sensibilità verso i piccoli comuni, la vera cerniera democratica della società, e quelli di montagna, in particolare. Questi ventotto anni di Bruno sono pochi e tanti insieme. Sono come quelli dei grandi della terra, che sono stati inviati qui per fare ciò che il futuro e la vita gli hanno chiesto. Se sono stati pochi questi ventotto, è solo perché Bruno li ha accelerati. Per quella incessante, irrefrenabile voglia di fare. Il bene del mondo.
Franco Cimino.

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