Cimino: "Il 2 agosto della strage ancora impunita e i venti autoritari che soffiano sul mondo"

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Franco Cimino
  02 agosto 2025 15:55

di FRANCO CIMINO

Oggi non è un giorno come gli altri. Non può esserlo. Da 45 anni non lo è. Il 2 agosto del 1980, mani fasciste, sporche già di sangue storico e lorde del fango in cui si sono quotidianamente lavate, hanno fatto esplodere nella sala d’attesa di “seconda classe” della stazione di Bologna, un ordigno potentissimo che l’ha completamente rasa al suolo. E tutto intorno ad essa il piazzale antistante, i primi due binari con la linea ferrata completamente distrutti. Il fuoco ha fatto il resto. Bruciato ogni cosa, sedie, panchine, altoparlanti, tavoli, cabine telefoniche. Soltanto, quasi come punizione della storia e fermo monito per quella a venire, é rimasto intatto il grande orologio rotondo che campeggiava all’esterno della sala. L’orologio è stato lasciato lì. Segna l’ora esatta dello scoppio devastante. Le 10,25. Come di tutte le stragi fasciste, che hanno goduto di sostegni e coperture importanti, in particolare di quella parte di organi deviati e corrotti dello Stato, di questa strage non si conosce ancora la verità. Quella vera. Ventennali processi, tra sentenze lacunose, e indagini non tutte chiare e pulite, informazioni anche giornalistiche parziali e contraddittorie, dopo quasi mezzo secolo non sono serviti a fare totale chiarezza sulla strategia della tensione cosiddetta. Una strategia chiara, dietro la quale si celava il disegno di sovvertire le istituzioni democratiche allo scopo di imporre un nuovo regime autoritario, che avrebbe fatto buoni gemellaggi con quei paesi, dalla Spagna al Portogallo, dalla Grecia ad altre prossime, che, in sintonia con i regime fascisti del Sudamerica, avrebbero voluto creare un’Europa “nera“. Sommatoria di piccoli Stati nazionalisti e autoritari, che avrebbero contribuito a costruire un nuovo ordine mondiale. Quell’ordine che avrebbe in un solo colpo cancellato le grandi battaglie compiute da popoli e paesi democratici per la liberazione doli quei popoli e di quei paesi devastati dalla guerra mondiale e dalla dittatura nazi-fasciata, che l’ha imposta. Nuovo ordine mondiale fondato su un capitalismo becero e illiberale, come oggi si usa dire, fondato sul principio delle diseguaglianze, nella dicotomica divisione tra pochi ricchi e gli altri tutti poveri, a fare da servi e “sottoproletariato” padroni. E dei loro service sciocchi posti alla guida della macchina del potere politico. Per la potenza di fuoco impiegata in quella mattinata di caldo estivo, è stata una vera fortuna che i morti siano stati solo 85 e i feriti 200. Una vera “fortuna”considerare quei numeri, che accresce disperazione e angoscia nel pensarla. Eh sì! Perché l’intento dei massacratori era quello di farne almeno il doppio. Ovvero, ancora, che certamente sarebbero stati in un numero incalcolabile se tempi e circostanze, movimenti di persone e passaggi di treno super affollati, fossero stati diversi. Ma quelle morti e quei feriti, ammesso che una solo di essi potesse essere valutato in qualche misura e modo, pesano assai più di quei numeri. Pesano sulla coscienza del Paese e sulla sua storia. Pesano sulla politica e sulle istituzioni. Pesano sul cammino della Democrazia italiana e sull’Europa, nella quale il nostro Paese incede a passo lento e a cuore tormentato. Fino a quando non sarà fatta piena luce su quel decennio macabro e nero più del carbone, come anche sugli anni cosiddetti di piombo, rossi solo del sangue innocente versato, l’Italia non si salverà dalle sue colpe, non soltanto storiche. E il suo futuro sarà sempre più costellato di insidie gravi sul terreno della Democrazia. La preoccupazione, la mia in particolare, è che, esaurita la spinta dei grandi ideali della Resistenza e anche del Sessantotto Buono, scomparse le grandi figure che ne sono stati i garanti e gli educatori rigorosi, indebolita progressivamente la coscienza sociale e politica dei cittadini, allontanati i giovani dalle istituzioni e dall’impegno politico, impostasi una nuova classe dirigente debole sul piano culturale e su quello della sensibilità democratica, il vento autoritario e antidemocratico che soffia già in Europa da tempo e in America da duecento giorni, diventerà un uragano devastante. Sulla Democrazia. Sulle Costituzioni democratiche. Sui diritti umani. Sulla Giustizia. E sul Diritto internazionale, che ne garantisce l’applicazione laddove la Politica e le istituzioni governative lo violino. E la pubblica opinione non lo difendesse. Un uragano mai visto in natura, che cancellerebbe definitivamente la Pace anche come parola, dall’intero pianeta, al suo posto imponendo la tribale legge del più forte. Di quanti, cioè, al posto della ragione hanno i muscoli, al posto dei granai i depositi di armi, al posto della sensibilità la prepotenza. Al posto del cuore i forzieri strapieni di soldi. Nelle tasche, i portafogli gonfi di egoismo e di cattiveria. Negli occhi tutta la loro bruttezza e quella da loro creata. E nelle mani il sangue dei bambini uccisi. Con le armi e le bombe. E dalla fame.

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