Cimino: "Il giorno del ricordo e le memorie divisive"

Share on Facebook
Share on Twitter
Share on whatsapp
images Cimino: "Il giorno del ricordo e le memorie divisive"
Franco Cimino
  10 febbraio 2025 22:55

di FRANCO CIMINO

 

Banner

“Questo paese non si salverà e la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere.” L’ha detto Aldo Moro. Io non amo fare citazioni, che considero la pigrizia preferita di chi non cerca nella propria cultura di produrre un pensiero autonomo. E, però, questo lo richiamo. E non solo perché appartiene a una delle personalità politiche più belle della storia repubblicana, ma per l’intensa carica di intellettualità in essa presente. Questo pensiero contiene quasi una profezia nell’angoscioso avvertimento in quella triste stagione, che iniziava a dire di sé. La responsabilità, di cui parlava il grande statista, è rimasta uguale, nonostante essa segua, differenziandosi, il passaggio dei tempi. La responsabilità è una medaglia a due facce. La medaglia è il dovere. Da una parte, di cercare la verità possibile. Dall’altra, di cercare il massimo di unità possibile. C’è un’attualità in questi principi? Sì, c’è. E non è poi vola. Ma qui di principi ne voglio trattare due. Li scelgo perché riguardano due memorie che, con la seconda più recente, si celebrano ogni anno. La prima, più sentita da quando è stata istituita pochi anni dopo la caduta del fascismo, è il Venticinque Aprile, festa della Liberazione. Festa di Libertà. E della Costituzione, che quei principi e la ragione fondante, nella lotta armata partigiana, ha codificato. Festa della Democrazia, l’ordine statuale perfetto e imperfetto insieme. Bellissimo sempre. Democrazia edificata sulle macerie morali e materiali prodotte dal fascismo, dal suo folle capo e da chi l’ha seguito in tutta la tragica ventennale sciagura. Festa in onore dei partigiani tutti. Quelli sopravvissuti alla lotta contro il nazifascismo. E le decine di migliaia, morti per liberare l’Italia dalla dittatura e dal dominio di quella Germania “ ariana”, cui il fascismo l’Italia aveva svenduto! Il Venticinque Aprile è la memoria ferma di un No grande quanto il Cielo. NO e per sempre alla Guerra, alla violenza. NO alla dittatura a ogni forma di autoritarismo mascherato. NO all’egemonismo politico e alla personalizzazione della politica e delle istituzioni. Il NO del Venticinque Aprile, non è appeso al vento. Non è solo. E il suo cammino non è il solitario vagabondare di una conquista stanca e appagata. É un No maieutico, che partorisce un SÍ. Grande quanto il mare quando si incontra con il cielo. É il Sì alla Pace. Anch’esso partoriente di altri Sì, necessari a quello. Sì alla Giustizia. Sì al Progresso nella Libertà.
La seconda, il dieci febbraio, istituita, con il nome di Giornata del Ricordo, nel 2005 dal Parlamento, per ricordare e onorare le diecimila vittime del massacro compiuto dal generale Tito, padrone dell’ex Jugoslavia, nei confronti di istriani, fiumani, dalmati. Uomini e donne, quasi tutti italiani, gettati, molti ancora vivi, nelle foibe, quelle cavità carsiche di cui sono piene le alture rocciose di quel territorio. Le giovani donne, Norma Cossetto a rappresentarle tutte, uccise dopo essere state seviziate e stuprate. Strage orribile in sé. E, di più, perché ha il velenoso sapore dell’ideologia disumana. E quello della follia. Dell’odio etnico. Il veleno del fanatismo e dell’egemonismo. Della volontà di predominio di un paese su un altro, l’ex Jugoslavia sull’Italia. E in essa, volontà, di rubare parti del suo territorio, cancellarne coscienze e cultura. Quelle di una popolazione stracarica di dignità e storia. Di spirito di libertà e autonomia in quello pienamente italico. Cosa buona e giusta ricordare quell’orribile strage. Bello e giusto ricordare tutte quelle vittime. Piangerle veramente, tutte. Nessuna esclusa. È l’Amore per la vita, il metallo oro di quella medaglia sul petto dell’Italia democratica. Questa ricorrenza, purtroppo, giunge con notevole ritardo. Un ritardo colpevole, dovuto a una cultura diffusa e imposta, che per decenni ha negato, per poi ridimensionarlo, il tragico avvenimento. C’è ancora, e dispiace constatarlo, per fortuna non tantissimi, chi nega quelle morti così atroci. Ovvero, le giustifica, come le frasi offensive scritte sui luoghi simbolo di quei giorni rossi del sangue versato da vittime innocenti, confermano e vomitano. “ Erano fascisti. Hanno portato e fatto il male. Meritavano quella sorte.” Orrore puro. Dispiace, comunque, che le due manifestazioni, di Aprile e Febbraio, vengano disertate dagli anti di ciascuna parte. Io che vi partecipo, pur con non uguale sentire politico-ideale, ad ambedue, registro dolorosamente l’assenza “ degli avversari”. Oggi, a Marina di Catanzaro, nella cerimonia in piazza Martiri delle Foibe, c’erano, giunti alla spicciolata, una trentina di persone. Tranne il sindaco e un assessore e me, erano tutti appartenenti a forze politiche di destra. La cerimonia è stata bella con la deposizione delle corone di fiori. Io mi sono commosso. A che di dolore. Per quelle morti. E per l’odio che ha bagnato di fiume il Paese. Di dolore per le divisioni che attraversano la società, come se gli anni della violenza, del fascismo e delle guerre del secolo scorso, del terrorismo rosso e nero, delle trame nere e dei tentati golpe, delle stragi e degli attentato, delle divisioni perfino sulla pandemia appena passata, non fossero mai avvenute. Di dolore per i monocoli con cui si guardano e si piangono le vittime. Quel senso del dovere, nella lezione testamento di Moro, era anche la riscoperta del valore della Vita, senza il quale non c’è Libertà. Non c’è Democrazia. Non c’è Progresso. Non c’è la Pace, il luogo in cui la Vita vive e la Libertà quotidianamente si ravviva. La vita è uguale per tutti gli esseri umani. Se il vivere è diverso tra gli individui, e diverso è il suo valore, ciascuna vita ha la stessa dignità. Gli stessi diritti di tutte le altre vite. Se gli ideali che la informano sono diversi e contrastanti, se le ragioni per sostenerle, anche in armi necessarie, sono diverse, e il vissuto di ciascuno ha un valore diverso, come diverso è quello che ha motivato e sostenuto le lotte, la vita umana ha un unico valore. Quel valore che fa uguali i morti, anche se diseguali sono le morti, cioè il motivo che le ha determinate. “Questo Paese, si salverà non quando si saranno perdonati gli eccedi o quando saranno parificati le ragioni e gli ideali tra chi ha lottato per la libertà, morendo per essa, e chi invece ha trovato la morte per uccidere la Libertà. “ Questo Paese” si salverà solo quando avverrà la vera conciliazione e si sarà realizzata la vera cancellazione. La cancellazione dell’odio. Anche quello che alimenta i conflitti politici e fra le parti in competizione. La conciliazione della Vita con la Persona. E queste con i valori che in esse sono connaturati, la Libertà e la Bellezza umana.

Banner

Banner

Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner