di FRANCO CIMINO
Condivido pienamente la lettera che Gianni Alemanno, ex ministro della Repubblica, ex sindaco di Roma, ex parlamentare, militante sempre attivo della destra ideologica e storica, ha scritto ai presidenti dei due rami del Parlamento. L’ha inviata dal carcere di Rebibbia, dove da circa un anno è recluso per scontare una condanna per reati che pur seri, ma che non hanno a che fare con la rapina mano armata, l’omicidio o il tentato omicidio, femminicidio o stupro. Condivido quella lettera perché egli parla non solo della propria condizione di recluso in condizioni in di dubbia umanità. Ma di quella di tutti i carcerati italiani, che vivono davvero in uno stato direi pietoso, incompatibile con la civiltà di un Paese democratico, come il nostro. Faccio mie tutte le sue osservazioni. E le richieste in esse contenute. Anche quelle mute di parole. Alemanno sconta in carcere una pena correttamente sentenziata dai vari gradi di giudizio. Ed è giusto che sia così. Tuttavia, osservo con una certa diffidenza e stupore, che a lui non siano stati concessi, magari tramite gli arresti domiciliari, le possibilità di cui altri hanno goduto e godono, secondo le norme in atto. Prima di osservare un’altra cosa, che mi inquieta e che dovrebbe far riflettere le buone persone, dico che di Alemanno condivido anche la sua antica passione di militante politico. Lo spirito e il calore delle passioni, intendo, non le ragioni che l’animano. Lui è io, siamo vicini di età e ne conosco bene la sua scelta politica e ideologica totalmente opposta alla mia. Quella scelta, quella militanza giovanile, la sua condotta interamente da fascista all’interno di un partito di matrice fascista. Quella scelta e quella ideologia, che io, sin dalla mia età giovanile, non ho mai smesso di combattere. Tanto da diffidare fortemente, nei ultimi vent’anni e anche oggi, da quei nuovisti della democrazia, che hanno nel sangue, oltre che nei cimeli e nelle foto di casa, quella cultura e quell’adesione ideologica verso una storia, tutta nera, che luttuosi danni ha prodotto all’Italia. Però, quell’Alemanno, dal giovane dalle idee sbagliate di allora, io rispetto, come l’ho sempre rispettato. Rispetto politico e umano. La simpatia sia umana che politica, non c’entra nulla. E qui vengo alla mia osservazione critica. E alla domanda per nulla retorica, per la risposta aperta che ne richiede. Questa: “Perché, a indignarsi per la sua condizione carceraria e a condividerne la lettera, sono soltanto i suoi avversari più onesti e più leali nei confronti della Costituzione? Perché nessuno, dico nessuno, dei suoi compagni di militanza di un tempo.e poi della comune attività politica, e poi quelli della marcia di avvicinamento al potere, che è iniziata prima con Fini e poi proseguita, con successo tutto personale, dalla Meloni, non si sia levata una sola protesta per le cose e le condizioni che l’ex sindaco di Roma ha denunciato? Nessuna solidarietà vera. Nessuna iniziativa concreta delle tante, che pure spavalde, la nuova destra dei nuovi finti democratici, ha promosso in questi ultimi anni. Anche su temi e materie leggere, spesso insignificanti. Talune anche risibili. Specialmente, quelle di misera propaganda politico-elettorale. Io credo che la miseria che avvolge Gianni Alemanno oggi, miseria umana e politica, sia principalmente quella dell’abbandono da parte dei suoi amici. E della solitudine in cui è stato lasciato da tutti loro. Aggiungo l’ultima domanda, che mi inquieta e di tremore mi fa cedere le gambe:” E se fosse questa lontananza, diciamo di distrazione, la risposta vendicativa al fatto che Alemanno avesse iniziato, con un movimento di nostalgici puri, diciamo, una battaglia da destra contro la destra che ha raggiunto il potere, e che per mantenerlo, secondo lui, si traveste di un qualcosa che vorrebbe essere e non è? Una battaglia, secondo lui, tesa a smascherare l’inganno. È, la sua, io ritengo, una battaglia che serve più ai democratici cosiddetti, quelli che giocano a dama convinti che siano scacchi, che agli uomini e alle donne di destra, o che alla destra di potere si siano, per il classico trasformismo italico, momentaneamente convertiti.Se io non rischiassi di apparire opportunista e strumentale nell’uso della vicenda umana, mi verrebbe di dire: “Liberate Alemanno. Liberatolo subito dalla sua condizione di ostaggio di quanti, e non sono le istituzioni italiane, lo ritengono, io credo stupidamente, un pericolo per qualcuno.”
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