
di FRANCO CIMINO
Una volta si diceva – lo dicevo anch’io, e non ero sempre soltanto un bambino – “sta per arrivare!”. Ci si riferiva al Natale e all’immagine simbolica del Bambino che sarebbe nato di lì a poco. Passato il Natale, il motivetto si ripeteva per un’altra attesa: “Tra poco arriverà”. Ed era l’attesa del nuovo anno.
Fino al 31 dicembre, la predica e il ritornello erano questi. Da più di un mese, però, con ansia sempre crescente, quella didascalia ha preso un’altra direzione, anche fisica: tempo e spazio insieme. “Sta per arrivare. Ancora un poco e arriverà. Adesso è qui, quasi pronto. La gente si è già messa in cammino. L’attesa sta per concludersi”.
Non è il Natale. Questa attesa non riguarda il Natale, che peraltro è già passato e che qualcuno non ha neppure visto, nemmeno nelle chiese. Riguarda la notte di Capodanno. Mai attesa più grande vi è stata a Catanzaro. La città ha la febbre alta già da molti giorni.
Anzi, da più di un mese. Tutti ne parlano: vecchi e bambini. Tutti l’aspettano: quelli che lo volevano e quelli che non lo volevano. Tutti fanno a gara per andare a vedere il monumento che si costruisce attorno a questo straordinario fine d’anno: il palcoscenico più grande che sia mai stato costruito per uno spettacolo in Europa, così dicono i tifosi più accesi e gli organizzatori più entusiasti.
“Meno male che ce l’hanno dato”, dicono anche i critici più severi, i pettegoli professionisti, quelli a cui non va mai bene nulla. Gli invidiosi di natura e i criticoni di mestiere.
Ed è così che il famoso e ambito concerto di fine anno, organizzato ormai da un decennio dalla RAI – che sceglie città e regioni solo se queste pagano profumatamente l’intero servizio – è arrivato anche qui.
Alla domanda se “spendere tanti soldi per una sola notte convenga o no” e a quella se “sia davvero moralmente accettabile che in una regione dove la povertà è diffusa si possano sperperare milioni di euro per una sola notte di salti, balli, canti e grida, birra e vino a volontà”, non mi inserisco in questa discussione. Non per mancanza di opinione, ma per assenza di interesse personale e per l’inutilità di una fatica argomentativa su un evento ormai deciso e già in corso.
E poi, perché ormai è arrivato e parlarne male sarebbe solo un esercizio di vuota retorica. La propaganda dell’evento, in particolare quella politica e istituzionale di Regione e Comune, diffonde dati estremamente positivi e obiettivi ancora più ottimistici.
Il solito argomento, per esempio, è quello dei soldi che stanno circolando: “Non è ricchezza questa? Non è una concreta e seria lotta alla povertà? I negozi vendono di tutto e di più, non si riesce nemmeno a entrare. Bar, ristoranti, pizzerie e pub sono aperti fino al mattino, sempre strapieni. Gli alberghi sono esauriti da dieci giorni. Che, non è ricchezza questa?”
Vai a rispondere, se ne hai il coraggio. E quanto tempo dovresti impiegare per smontare una simile certezza? Meglio tacere, per il momento.
L’altra voce della propaganda è quella dell’immagine: “La RAI, che da settimane parla del concerto e della Calabria e di Catanzaro che lo ospita, quanto vale per noi che siamo sempre fuori dal grande circuito della comunicazione? E le immagini della bellezza della regione e della città, del paesaggio, del patrimonio artistico, della Marina di Catanzaro, dove è collocato l’immenso palco e dove si vivranno le magnifiche ore della notte del primo dell’anno, vogliamo davvero metterle in discussione?”
Finalmente di Catanzaro non si parla più come di una città brutta e periferica, e della Calabria non più solo come di una terra di delinquenza e di mafia.
Qui mi arrendo anch’io. Ci sarà tempo, nei luoghi della politica e della cultura, per riflettere su questo evento comunque straordinario e importante.
E però, mi sia consentito. Visto che ne parlo, con il cerino della polemica in mano e il pensiero sospeso, conoscendo l’importanza delle immagini televisive come strumento di comunicazione turistica, economica e culturale, desidero riprendere un problema che mi sta molto a cuore e sul quale la cittadinanza non è ancora abbastanza informata.
Ne ho parlato più di un mese fa, senza ricevere alcuna eco, soprattutto dalle stanze che contano di Palazzo De Nobili. “C’è una Madonna che aspetta”: questo era il titolo del problema che sollevai quando, dalle mani sapienti e dal cuore generoso del maestro Luigi Verrino, venne alla luce la statua in bronzo della Madonna del Mare.
Una delle due storiche immagini della madre patrona del quartiere, custodite nella modesta ma antica chiesa di Maria di Porto Salvo. Io l’ho vista nascere, per la cortesia del Maestro, da una piccola creta bagnata dalle sue mani, crescere, perfezionarsi fino a diventare una bellezza che commuove.
Luigi Verrino è un artista prolifico, di straordinaria rapidità esecutiva. Le sue opere arricchiscono molte città, in particolare Sellia Marina e Zagarise. Vive a Catanzaro, dove, tornato da Milano, ha costruito la sua impresa edilizia. Ed è grato a questa città, che vorrebbe colmare ancora di più delle sue opere, a partire dal Parco Traversa.
Come per altre sue creazioni, anche la Madonna del Mare Verrino desidera donarla gratuitamente al Comune, rinunciando a qualsiasi compenso artistico. Sotto la spinta dei pescatori, da sempre devoti alla Madonna del Mare, vorrebbe – e con lui molti catanzaresi, io tra questi, soprattutto i marinotti – che la grande statua fosse collocata su un’alta colonna al porto, visibile alla gente di mare come segno di protezione e di speranza.
Visibile a chi prega e a chi guarda con rispetto laico. Ecco, in questo contesto, la diretta RAI del concerto assumerebbe un valore straordinario anche dal punto di vista culturale ed etico. Che bello sarebbe un’inquadratura televisiva che includesse il palco, l’artista, il porto, il mare aperto davanti e, in alto, la statua in bronzo della Madonna del Mare, la Madonna di Luigi Verrino.
Di questa statua, invece, non si è ancora visto nulla. È facile immaginare che ora sia difficile collocarla sulla sua colonna definitiva. Ma una soluzione provvisoria esiste: sul muro più alto che oggi chiude l’area portuale, la collocazione non sarebbe affatto impossibile.
Mancano tre giorni. Spero che questa amministrazione, così fantasiosa nella propaganda di sé stessa, possa trovare anche l’invenzione giusta per compiere un atto di profondo sentimento civile e religioso.
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