di FRANCO CIMINO
Io, Amici di Maria De Filippi, ieri sera l’ho vista quasi per intero. Ero stanco, meglio un programma d’evasione, come si suol dire. Meglio, di certo, di questi talk show a reti unificate, che da mattino a notte, a pagamento fanno parlare della guerra emeriti ignoranti, ovvero i propagandisti di paesi stranieri o di se stessi, anonimi fino al giorno prima. C’è anche che certi programmi, leggerissimi come le foglie al vento e il non pensiero davanti al pensare, sollecitano pure lo stare più vicino al genitore molto anziano. E tra uno sguardo al tablet, un “ pennata” rapida al foglio, un occhio al teleschermo, una chiacchiera buona con i vecchi, fisse anche quella del commento sul programma, te la fai pure. E fai bene, ché tanto bene fa. Agli occhi. Al cuore. Alla mente, che si riposa un po’. “ Amici”, nel serale soprattutto, è lo spettacolo preferito di mia mamma. Non ne ha persa una delle nove o dieci puntate. Intelligente e ironica, ha saputo riassumermene le fasi più salienti. Si è dimenticata, stranamente, però, di un dato importantissimo, la presenza in finale di un calabrese. E della vicinissima Lamezia, tra l’altro. Ignorandolo, ci siamo portati fino alla fine ben oltre la mezzanotte. La nostra simpatia umana da subito è andata, a Selena, la danzatrice che ha vinto un anno di scuola a New York. Ci piaceva quel suo bel viso e quel sorriso bello e pulito, la semplicità commovente e la sua commozione dinanzi ai “ doni”. Sissi, la cantante, che ha pure fatto incetta di doni, era inizialmente la preferita di mia mamma. Io non l’avevo mai ascoltata e quindi non ho potuto esprimermi. Via via che la gara facesse le sue “ vittime” attraverso l’eliminazione diretta e mentre sempre più affascinava Michele, il ballerino con possibilità di vittoria, cresceva la nostra attenzione per quel giovanissimo cantante, sempre con la chitarra imbracciata, e dalla voce particolare. Una voce se non unica, sicuramente originale. Un po’ roca dei blues man( si dice così?) americani, un po’ ruvida dei jazzisti neri, un po’ vellutata quando scendeva di tono, dei classici melodici italiani. Per dirla alla “ganzeria”, di quelli che vogliono apparire competenti, aggiungo, voce un po’ melody e molto rock. Siamo alle durissime battute finali, Michele cresce con prepotenza, Luigi non gli è da meno. Cresce pure lui. In sicurezza, specialmente. Le sue canzoni sono sempre più indovinate, da pubblico intergenerazionale più attento e sensibile. Ottima la scelta di due brani dei Beatles, eseguiti con rispetto della loro originale impostazione. E, poi, i suoi due inediti, il secondo molto bello, anche nel testo. Potrebbe vincere lui, forse di pochissimo. Ci siamo detti, mamma e io. “ Però, pure Michele meriterebbe” abbiamo aggiunto. Si va avanti ancora per un po’. È quasi l’una, quando, dal cuore più che dalla mente, irrompe una decisione, anche questa comune:” vinca Luigi, è bravissimo.
Ha qualcosa in più, che non è la musica rispetto al ballo o la voce rispetto al corpo, che tra l’altro lui muove poco, forse perché impietrito da quel corpo svolazzante d’eleganza straordinaria di Michele. È finita. Sta partendo il risultato.
Maria:” vince l’edizione duemilaventidue di Amici…Luigi!” Bellissimo, anche noi, come in studio, virtualmente in piedi ad applaudire. Vittoria meritata. Contenti e commossi, ci fermiamo a commentare un elemento straordinario e sorprendente, che rafforza la stima e la simpatia verso il giovane vincitore. Al momento prevale sulle arti canore e sulle abilità artistiche. Luigi non si scompone in entusiasmi sfrenati, in lacrime singhiozzanti. Non corre su per il particolare palcoscenico, non si getta tra le giovani braccia del pubblico o su quelle più robuste dei giurati, neppure orante si getta ai piedi della De Filippi, padrona assoluta del programma e creatrice di grandi rapide carriere. Resta composto, si chiude in una disciplina e in una compostezza, che non avrebbero neppure i più anziani e stravincenti artisti. Parla con una eleganza e una moderazione da leader delle migliori società. E lo fa con una sicurezza che rasserena, una modestia che umanizza tutto il circo Barnum di questo spettacolo globale in cui siamo tutti coinvolti. Poi, fa un gesto semplice e bello, si avvicina a Michele e lo prende per mano, prima di “ agguantare” la coppa enorme, che alza in cielo senza grida, ma come una sommessa preghiera.
Che ragazzo bellissimo, questo Luigi! Il ragazzo prima del campione. Farà una strada ricca di grandissimi successi. Gli stessi che gli auguriamo nella vita. “ Mamma, buonanotte, ché si è fatto molto tardi. Ma non c’era un calabrese in gara?” Tempo di mettere la testa sul cuscino e il cellulare sotto carica, che lo stesso si illumina ripetutamente. Uno sguardo rapido, decine di messaggi a salutare la vittoria di Luigi … Stranges, il calabrese di Lamezia Terme. Ma vedi tu, a volte ignorare procura maggiore piacere. Sì, lo so, da oggi tutti, mass media in testa, a osannare Luigi, con il più prudente a definirlo più grande magari di Bob Dylan e anche de Beatles.
Torneremo per qualche giorno la solita retorica Calabria, che si scopre grande solo quando uno di questa terra ce la fa. E vince, magari contro gli altri, “ i nemici”storici. A me piace, invece, trattenere nella memoria, il carattere umile e gentile, la personalità fine e riservata, il coraggio e la forza nella perseveranza, la timidezza del “ vi chiedo scusa e del grazie, non me l’aspettavo “, di Luigi. Il ragazzo bello di ogni nostra famiglia che a quei valori l’ha educato. Di questo sono orgoglioso e da lui mi sento rappresentato. È il suo volto pulito, la Calabria. Non solo nelle mani che hanno alzato quella coppa. E sui festival che vincerà.
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