Cimino: "Si è rotto pure il cielo di Gaza"

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Franco Cimino
  19 settembre 2025 14:18

di FRANCO CIMINO

Da ieri, dal cielo di Gaza, hanno cominciato a cadere le stelle. Cadono da uno spicchio blu scuro su un lungo corridoio di terra risplendente al sole e brillante alla luna. Cadono per fare luce sul cammino dei duecentomila palestinesi che hanno voluto resistere su quella terra, la loro, soffrendo e morendo. Resistere per non doverla abbandonare. Ricevuta dai padri per consegnarla ai figli.
 
Andarsene adesso, costretti dai più feroci nemici ad abbandonarla, con la forza delle armi e la spinta violenta dei carri armati. Le stesse armi che hanno già ucciso figli e madri, padri e vecchi. Giovani e bambini. Ucciso quasi tutti, perché i vecchi non abbiano da conservare e tramandare la storia di questa terra. Le donne non possano partorire. I padri non abbiano a generare. I bambini non debbano crescere per vendicare quelle morti dei padri e delle madri. E non possano lavare il sangue raggrumato sulla terra resa infruttifera dal fuoco che l’ha bruciata. I giovani non possano ricostruire dalle macerie il Paese mai nato, e su di esso lo Stato precancellato. Negato. E che però esiste e vivrebbe su quella terra, e sull’altra in continuità territoriale, che conserva il nome antico.
 
Perché per i carnefici che vivono d’odio non basta ucciderli tutti, i palestinesi. Non basta cacciarli dalla loro terra, l’atto più disumano. Devono cancellarli come popolo e cultura. Ché non è sufficiente rubargli ogni avere, beni, affetti, sentimenti, credo religioso. E le ricchezze, grandi e molteplici. E i diritti, naturali e civili. È d’obbligo, quindi, per loro, che non ne resti uno solo in vita. Non resti un lembo di terra. Una sola zolla dalla quale possa nascere un fiore. Ché nasce sempre un fiore da un soffio di terra. Anche da una roccia, quando la vita cerca e le alita dentro. Un fiore si fa frutto dell’Amore. E poi albero. Il più forte. Con radici profonde e rami ricchi di foglie cangianti di vita e colore. Alti, che sembrano toccare il cielo, braccia di un popolo che prega.
 
Anche quel Dio che, su quella terra di morte e di miseria, sembra non si veda ancora. Quel Dio voluto diverso e in guerra contro l’altro, e dai carnefici invocato quale agente purificatore e padre “giusto”, che giustificherebbe quella tempesta di lutti e dolori. E legittimerebbe quella rapina a mano armata nei confronti di uomini e donne innocenti, anche della colpa loro ascritta di essere palestinesi. Pure concepiti quali complici di quell’organizzazione divenuta terroristica con l’orrore consumato il sette ottobre di due anni fa. Azione demoniaca portata contro altre persone inermi e innocenti, condannate a morte, allo stupro e alla prigionia da sequestro, tutte orribilmente colpite in quanto ebrei.
 
Orrore che, dalla tragedia degli ebrei “genocidiati” dal nazifascismo, si rinnova per le mani degli eredi di quei morti, dispersi come fumo acre e nero nel cielo più nero sopra Dachau, Auschwitz-Birkenau e altri campi, che sono stati luoghi di sofferenza, torture e morte per milioni di persone durante il regime nazifascista. Oggi quei figli di Israele, i pochi oligarchi seduti sul potere agito contro la vita prima che contro la libertà, non hanno appreso nulla dalla perdita del senso umano della vita e della storia.
 
Cadono, allora, le stelle per coprire le voragini che i missili caduti prima di loro a migliaia hanno creato. Scendono, quelle stelle, sui vuoti lasciati dalle case e dai palazzi abbattuti. E si posano come segnaposto per quando chi lì vi abitava dovesse tornare. Per ricostruire la casa sulla terra che appartiene loro.
 
E cadono le stelle dal cielo apparentemente riposato dalle ferite inferte da aerei e missili. Cadono per sostituirsi al pianto asciutto delle madri, che non hanno più lacrime per piangere i figli trucidati. Cadono le stelle per schiudere la bocca dei bambini a una qualche forma di sorriso, che per due anni è stato cancellato dalle grida di disperazione e dal tormento. Cadono le stelle sugli occhi terrorizzati dei bambini e delle donne e su quelli già malati dei vecchi, che hanno perso la parola e faticano a conservare la memoria della felicità.
 
Cadono dal cielo le stelle sull’ipocrisia di coloro i quali, governanti e propagandisti prezzolati in prima fila, fanno finta di accorgersi soltanto ora dell’orrore che si sta consumando da due anni sulla terra bagnata dal mare più bello e benedetta dall’unico Dio, buono e giusto, che l’ha creata.
 
E cadono sulle parole bugiarde di quell’Europa che oggi, solo oggi, finge di condannare Israele con sanzioni ridicole. E con quella, anche più ridicola, condanna ai due ministri di quel governo che, dichiarando Gaza una miniera d’oro, un nuovo Eldorado da trasformare in una ridente riviera d’oro, altro non fanno che ripetere ciò che ha detto il presidente degli Stati Uniti all’atto della sua elezione, quando ha presentato anche un progetto con tanto di planimetria e fotografie. Progetto davvero macabro, disegnato su quelle macerie sotto le quali ancora sono sepolti migliaia di palestinesi, la maggior parte dei quali sono ragazzi, come i nostri.
 
E infine cadono, come mi ha detto la mia splendida Ludovica nell’intenso colloquio di ieri sera, le cinquanta stelle della bandiera americana e le dodici della bandiera europea. Cadono, pesantemente, dal cielo di Gaza sul mondo. Cadono per rompere le indebolite certezze di un mito che un tempo ha fatto grande l’America delle grandi frontiere. E su un’idea d’Europa che, a causa degli egoismi e dei nazionalismi resistenti, sembra contraddirsi rispetto alla grande speranza che i suoi ideali di Libertà, Progresso e Pace hanno, come il più bell’arcobaleno, disegnato sul cielo dell’umanità.

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