Cimitero tra erbacce e silenzi: il camposanto di Catanzaro come specchio dell’anima civica

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Degrado al cimitero di Catanzaro
  13 giugno 2025 07:55

Ci sono parole che non possiamo semplicemente ignorare. Parole che, pur affondando le radici nella spiritualità, nella fede e nel mistero della morte, colpiscono dritto al cuore della nostra esistenza come cittadini. Quelle pronunciate dal cappellano Mons. Andrea Perrelli durante la celebrazione nella chiesa del Monte dei Morti, nel tempo di preghiera dedicato a Sant’Antonio di Padova, rientrano tra queste. È un grido profetico, un richiamo alla coscienza che non può e non deve rimanere inascoltato. Mons. Perrelli, con il suo fervore di fede e passione civile, ci ricorda che il cimitero – quel luogo silenzioso e sacro che custodisce le storie, le sofferenze, le attese e gli amori perduti della nostra comunità – non è solo uno spazio di morte, ma un luogo di memoria viva, un punto fermo nella mappa dell’anima collettiva. E noi, cittadini, ci chiediamo: è possibile che i consiglieri comunali, i dirigenti pubblici, coloro che rappresentano lo Stato e hanno il compito di garantire il rispetto delle leggi e della dignità umana, non abbiano familiari, affetti, ricordi sepolti tra i viali della “Città dei Dormienti”? È possibile che non ascoltino, che non si stanchino di ignorare i continui e accorati appelli di Mons. Perrelli? Nel suo discorso, ricco di immagini potenti e verità scomode, il cappellano ci ricorda che «l’uomo ha la sua dignità, che è fatta di pensiero e di sentimento, nessuno può osare toccargliela». E che il cimitero non è “un problema”, ma la soluzione al problema: il luogo dove il dolore trova voce, dove la pietà si concretizza, dove la fede nella Resurrezione si intreccia con la più umana delle responsabilità civiche.

Le parole di Mons. Perrelli – «il camposanto non ha bisogno più, di commenti, si commenta da sé nell’estetica del negativo» – ci pongono una sfida. Chi può davvero negare il degrado? Chi può ancora far finta di non vedere? Api, zanzare, mosche, erbacce: tutti simboli di un abbandono che contrasta con la solennità di chi riposa in quei luoghi. Non si tratta solo del dolore per una gestione trascurata, ma anche di una denuncia morale e spirituale: “non c’è pietà dove non c’è verità”, ricorda citando don Primo Mazzolari. È un richiamo forte, che coinvolge non solo l’efficienza amministrativa, ma anche la nostra coscienza collettiva. Il grido di Mons. Perrelli non è un lamento sterile, ma un vero e proprio invito all’azione: «con animo aperto e cervello disponibile», chiede un impegno autentico, concreto, senza scorciatoie. È un appello rivolto a tutti, senza esclusioni, credenti e non, perché “il vero miracolo è avanzare nella vita senza miracoli, ma con azioni concrete e fattive”. Di fronte a questo appello, ognuno di noi è chiamato a rispondere. Anche chi non ha fede può riconoscere il valore della dignità, della cura e della memoria. Chi amministra ha il dovere di garantire rispetto anche a chi non ha più voce. E il silenzio del camposanto, come dice Mons. Perrelli, “è un meraviglioso assalto al Cielo” che ci riguarda tutti. Chi ignora, chi rimanda, chi volta le spalle, lo fa non solo alla comunità, ma alla storia, alla pietà e alla verità. La città dei dormienti aspetta risposte. Noi, cittadini svegli, non possiamo più permetterci di dormire.

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