di AURELIO FULCINITI
Al netto degli entusiasmi – che siano facili o giustificati – e delle discussioni o delle diatribe interne che alcuni cercano faticosamente di minimizzare o di ricomporre, le elezioni per il Consiglio comunale e il futuro sindaco di Catanzaro rappresentano, almeno per ora, sicuramente una sconfitta. Non una sconfitta politica, poiché allo stato attuale nessuno ha vinto e nemmeno perso, ma sicuramente a uscirne male è l’identità della politica e di quelle strutture che fino a non molti anni fa la rappresentano e le davano fertilità e prestigio: i partiti.
Qualche anno fa, mi fu suggerito con entusiasmo di scrivere per un quotidiano calabrese una serie di articoli sullo stato di salute dei vari partiti politici, collegando la loro situazione nazionale a quella regionale e cittadina. Era il 2004 e vennero fuori ben dieci articoli. Ne uscirono appena due, dal titolo indicativo: “Ds, la sinistra senza qualità” e “Forza Italia, il partito immagine”. Dopo queste due uscite, a causa delle numerose polemiche suscitate, più che pubblicamente, “in camera charitatis”, non ne seguirono altre. Ma fra i titoli inediti anche “An, un uomo solo al comando” e “Udeur, i gemelli dell’inciucio” erano e sono particolarmente indicativi.
Ma almeno c’era di che discutere. Oggi invece se ne esce sconfortati. Di partiti ne sono rimasti pochi e quelli che restano o si dividono, oppure si ispirano senza riserve e con una certa protervia al modello Draghi, quello di riunire tutti senza tanti complimenti e con l’intento di affibbiare una ricetta di “salute pubblica” anche a contesti più ridotti dove dietro i grandi obiettivi e i voli pindarici ci sono e ci resteranno sempre le stesse facce. C’è chi si discosta da questo schema a doppio taglio e che lascia più di un’ombra di ambiguità, ma deve fare i conti con le divisioni e le schermaglie “in casa”, generate da questa politica in cui il gruppo, anzi, il “mucchio” lascia spazio a qualsiasi mescolanza, anche la più improbabile, e cancella ogni identità solida dentro e fuori i partiti, quelli superstiti ovviamente.
Questo succede in Italia e questo sta succedendo in questo primo periodo elettorale a Catanzaro: i simboli passano in secondo piano o addirittura nelle retrovie, e invece aumentano le “scialuppe di salvataggio” per chi temeva di essere escluso e invece ha di nuovo un’occasione per rimettersi in mostra politicamente.
Ma questa crisi dei partiti ha una soluzione? Sicuramente non a breve termine. I partiti attuali, o presunti tali, visto il clima da “allegra brigata” per ciò che riguarda trattative e collocazioni, ormai sono diventati deboli e in balia del vento, anche se ci tengono in maniera decisamente goffa e malriuscita a far pensare di tenere la barra ferma, e non potranno per molto tempo trovare un antidoto al loro interno, quando la base privilegia interessi confusi e non meglio precisati e i leader hanno una capacità decisionale ridotta e annacquata.
Ci meritiamo davvero, come cittadini, la supremazia del “padrone del vapore” che tiene sotto scacco i partiti e questi rinunciano a ciò che sono ed erano per seguirlo? I candidati a sindaco devono raccogliere consenso, i leader politici anche, ma di “padrone delle ferriere” in Italia al momento ne abbiamo uno solo e basta quello. Di altri non se ne sente il bisogno, o no? A cittadini e aspiranti amministratori comunali l’ardua (o meno) sentenza.
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