di GABRIELE RUBINO
"Pensavo che stessimo parlando del candidato del centrodestra non di quello del centrosinistra". Questa è stata una frase, con la giusta dose di approssimazione, risuonata nelle stanze della Provincia di Catanzaro quando lo scorso 5 febbraio si riunì per la prima volta la famosa interpartitica del centrodestra. Era la risposta piuttosto stizzita di Filippo Mancuso quando Giovanni Merante fece il nome di Valerio Donato. In quell'occasione il presidente del Consiglio regionale si vide 'fulminare' il suo nome, quello di Baldo Esposito che, nonostante le sue insistenze, decise di togliersi dall'impiccio di farsi bruciare (di nuovo) come è avvenuto ad un'altra decina di nomi nelle settimane successive. Certo, all'epoca era veramente difficile immaginarsi l'epilogo attuale: quasi tutto il centrodestra seduto a quel tavolo, che poi si è dissolto, appoggia Donato. E certo, senza l'avallo successivo di Mancuso, che in questo momento è quello che conta di più a livello elettorale a Catanzaro, il prof dell'Umg sarebbe rimasto soltanto con il suo zoccolo duro (storici esponenti del centrosinistra e altri in rotta di collisione con il Pd) e i pesci più piccoli del centrodestra. Come aveva anticipato La Nuova Calabria l'effetto domino si sarebbe scatenato con il 'primo passo' della lista civica della sua area 'Alleanza per Catanzaro' e poi a seguire sarebbero arrivati la Lega e Forza Italia. E così è stato.
L'operazione Donato alle latitudini del centrodestra equivale a un imperativo: vincere al primo turno. Il criterio della calcolatrice ha sopravanzato su qualsiasi altra considerazione. Con il passare del tempo (dalla prima interpartitica in avanti) e senza assi nella manica, il centrodestra (prima civico e poi anche partitico) si è ritrovato a convergere sul prof, che doveva ovviamente lasciare il Pd per poi diventare il leader della coalizione. Fin dall'inizio lo stesso non aveva mai negato 'spinte' da quella galassia, chiedendo poi un "atto di generosità" più sostanziale alle forze del centrodestra nel corso di un'intervista a La Nuova Calabria, pur nel solco della sua proposta civica. Cosa che si è avverata per generosità ma anche per interesse.
Un risultato a cui hanno contribuito due fattori. Il primo è paradossalmente l'assoluzione di Domenico Tallini al processo Farmabusiness. Paradossalmente perché l'ex coordinatore provinciale di Forza Italia, rinvigorito dopo il successo giudiziario in abbreviato, era pronto more solito a essere determinante nella strategia politica. Un'evenienza però mal digerita dalle altre componenti del centrodestra. E così quel tavolo si è definitivamente arenato. Il successivo muro frapposto da Donato ha praticamente giustificato il resto. Il centrodestra che appoggia il prof voleva sganciarsi da Tallini (e Abramo) e con queste elezioni si consumerà un passaggio comunque storico per Catanzaro. L'altro fattore è che da Roma non sono arrivate né indicazioni specifiche né disposizioni. Dunque, sempre in assenza di nomi, la voce grossa non l'hanno fatta i big della (vecchia) coalizione, piuttosto i consiglieri comunali uscenti. I grandi portatori di voti. E questo lo si era già capito alla seconda riunione del centrodestra (quando ci fu il confronto fra i nomi di Saverio Loiero e Marco Polimeni) quando gli stessi furono chiamati in vivavoce al telefono per esprimere preferenze. Grandi elettori senza tessere di partito che vogliono una cosa sola: vincere. Per questo Donato è stata la scelta quasi inevitabile.
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