di M.Claudia Conidi Ridola*
L’idea che la verità processuale sia immutabile è oggi più fragile che mai.
La crescente integrazione dell’intelligenza artificiale (IA) nelle indagini e nell’amministrazione della giustizia ci pone davanti a un interrogativo cruciale: quanto è definitivo ciò che un tribunale ha sancito come vero?
Casi complessi e controversi del recente passato – dal delitto di Garlasco alla strage di Erba, fino a vicende come quella di Paolo Dorigo – dimostrano come la tecnologia odierna possa, in linea teorica, rimettere in discussione ricostruzioni consolidate.
Esempio Garlasco-un caso emblematico di verità rivedibile-
Il 13 agosto 2007, a Garlasco, viene trovata senza vita Chiara Poggi. Dopo anni di indagini, processi e ribaltamenti, Alberto Stasi viene condannato in via definitiva nel 2015 a 16 anni di reclusione.
Il dibattito sulle prove – dalle impronte alla compatibilità della bicicletta, fino ai tempi di percorrenza – non si è mai sopito.
Oggi, con strumenti di IA avanzati, sarebbe possibile:
ricostruire la scena del crimine in 3D con precisione millimetrica;
riesaminare le tracce digitali e fotografiche con filtri e algoritmi di potenziamento;
analizzare sequenze temporali e movimenti con modelli probabilistici;
effettuare analisi semantiche su testimonianze e interrogatori.
Non si tratta di negare la sentenza definitiva, ma di riconoscere che le possibilità di verifica oggi sono infinitamente superiori rispetto a quindici anni fa.
Altro caso:La Strage di Erba- revisione respinta, ma un precedente culturale-
Il caso della strage di Erba (2006) – con la condanna all’ergastolo dei coniugi Romano – è stato oggetto di richieste di revisione basate su nuove testimonianze e piste alternative.
Nel 2023 la Corte d’appello ha ammesso la discussione, ma nel luglio 2024 ha respinto la revisione, confermata poi dalla Cassazione nel marzo 2025.
Qui l’IA potrebbe svolgere un ruolo teorico importante: rianalisi di tracce di DNA, ricostruzione degli orari, verifica di compatibilità tra deposizioni e dati oggettivi. Non per sostituire il giudice, ma per fornire strumenti di confronto più solidi e verificabili.
Ancora:Il caso Dorigo-quando il diritto internazionale impone la revisione-
Paolo Dorigo, condannato per terrorismo, ottenne la revisione in seguito a una pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che riconobbe la violazione del giusto processo.
Oggi l’IA potrebbe accelerare processi di individuazione di casi simili, segnalando automaticamente incongruenze normative o violazioni convenzionali.
È un esempio di come l’innovazione tecnologica non serva solo alla prova materiale, ma anche alla prova giuridica.
Il nodo: IA e riforme Meloni
Parallelamente a questi scenari, il governo Meloni ha avviato una riforma della giustizia che comprende:
separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri;
revisione del CSM;
digitalizzazione spinta dei procedimenti e introduzione regolamentata dell’IA nelle attività di supporto investigativo e organizzativo.
Il quadro normativo europeo – con l’AI Act – classifica l’IA in giustizia come “sistema ad alto rischio”, imponendo supervisione umana obbligatoria.
Tuttavia, il combinato disposto tra riforme strutturali e penetrazione tecnologica può produrre due effetti opposti: un salto di qualità nella tutela dei diritti o una destabilizzazione dell’ordinamento se mancano garanzie di trasparenza, controllo e indipendenza.
?Verità processuale e tecnologia: una coesistenza delicata
Come avvocato, vedo nell’IA una potenzialità straordinaria per:
correggere errori giudiziari;
individuare innocenti condannati ingiustamente;
accelerare l’accesso alla giustizia;
rendere più verificabile il percorso probatorio.
Ma vedo anche rischi concreti:
manipolazione algoritmica di dati e prove;
creazione di verità apparenti difficili da smontare;
indebolimento della certezza del diritto a causa di continue riaperture.
Il sistema giudiziario italiano è oggi davanti a un bivio.
Se l’IA sarà strumento di giustizia, affiancata e mai sostituita dall’uomo, potremo parlare di progresso.
Se invece diventerà un mezzo di pressione o manipolazione delle indagini, rischiamo di minare non solo singoli processi, ma la fiducia stessa nell’ordinamento.
E in tempi di riforme e mutamenti profondi, come quelli che stiamo vivendo, la linea tra progresso e destabilizzazione è sottile come una lama di bisturi.
E non sarebbe il caso di giocare all "allegro chirurgo!"
*avvocato
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