Due ricorsi al Tar 'minacciavano' la legittimità del concorso per collaboratore amministrativo dell'azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio. Oggi, i giudici amministrativi si sono espressi dichiarandoli entrambi inammissibili, sebbene con motivazioni diverse. Oltre all'ospedale, erano numerosi i controinteressati (fra vincitori, i posti erano due, e idonei) che otterranno la rifusione delle spese.
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Partiamo dal più semplice, ossia quello proposto da Miriam Calabretta che non aveva superato l'ultima prova (quella orale). Secondo il Tar "la ricorrente non ha contestato in modo specifico la valutazione negativa attribuita dalla Commissione alla sua prova orale, ma ha censurato unicamente un vizio di carattere procedurale, ossia il momento in cui la Commissione ha predisposto i quesiti a lei sottoposti (tre giorni prima, e non la mattina stessa della prova). Tuttavia - si legge nel provvedimento-, il momento temporale in cui tali quesiti sono stati predeterminati è del tutto ininfluente rispetto alla successiva bocciatura della concorrente, perché non incide sul fatto che essa non abbia saputo – comunque – rispondere sufficientemente a tali quesiti. Se anche, per ipotesi, le domande, rivolte alla ricorrente in sede di esame, fossero state predisposte la mattina stessa del concorso, la ricorrente non avrebbe, comunque, fornito ad esse una risposta positiva". Per questi motivi il ricorso è stato dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese.
Più intricata la matassa del giudizio azionato dal concorrente Mario Muoio. Anche quest'ultimo non ha superato l'ultima prova (l'orale) e chiedeva l'annullamento del concorso. Tuttavia, per effetto di due ricorsi incidentali di altri concorrenti (una di queste rappresentata e difesa dall'avvocato Alfredo Gualtieri) è emerso come in realtà Muoio, stando al provvedimento del Tar "avrebbe, quindi, dovuto essere escluso dal concorso già nella prima fase terminata con la correzione della prova scritta". La commissione aveva infatti valutato come insufficiente sia a prova scritta e sia quella pratica. Tuttavia, il concorrente aveva richiesto, con pec, una rivalutazione alla commissione, che è effettivamente avvenuta. Per il Tar "emerge che la Commissione esaminatrice, quando ha ricorretto il compito scritto e la prova pratica del ricorrente, era perfettamente a conoscenza di chi fosse l’autore dei due elaborati. La Commissione non ha predisposto, infatti, alcuna cautela volta a garantire l’anonimato dei due elaborati e a preservare l’uniformità di giudizio rispetto alla valutazione compiuta sugli altri compiti dei concorrenti. La Commissione ha, quindi, platealmente violato i principi dell’anonimato e della segretezza nelle prove scritte delle procedure di concorso". In questo secondo caso, oltre al ricorrente, anche l'azienda ospedaliera dovrà rifondere (in solido) le somme per le spese a coloro che hanno sostenuto il ricorso incidentale.
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