Condannati per peculato due ex consiglieri regionali, Serra e Rappoccio si difendono

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  19 marzo 2022 21:00

"Le sentenza di condanna ieri sera pronunciata nei miei confronti dal Tribunale di Reggio Calabria è del tutto ingiusta e illogica, in quanto emessa nonostante dalla lunga istruttoria dibattimentale fosse insuperabilmente emerso che non mi sono appropriato di alcuna somma, che non avevo alcun potere o dovere di controllo sull'utilizzo delle somme del Gruppo regionale 'Insieme per la Calabria' da parte dell'altro consigliere componente il Gruppo stesso, che non ho mai avuto alcuna consapevolezza della illiceità di tale utilizzo". Lo ha detto Giulio Serra, ex capogruppo di 'Insieme per la Calabria' al Consiglio regionale della Calabria condannato per peculato a 3 anni e 6 mesi di carcere assieme all'ex consigliere regionale Antonio Rappoccio. "Non a caso, - ha aggiunto Serra - anche la Corte dei Conti, giudicando sulla medesima fattispecie, ha escluso profili di dolo nella mia condotta di capogruppo consiliare. Proporrò quindi immediatamente appello per cancellare questo evidente e grave errore giudiziario, nonché per rimarcare l'assoluta onestà che ha contraddistinto tutta la mia vita, anche come esponente politico".

La condanna dei due ex consiglieri regionali riguarda i rimborsi relativi al biennio 2010-2011. A stretto giro è arrivata anche la presa di posizione di Rappoccio. "Sia il mio difensore di fiducia avvocato Giacomo Iaria che io - afferma l'ex consigliere regionale - riteniamo restare in attesa di approfondire ogni dettaglio dopo il deposito delle motivazioni per conoscere e capire come avrei potuto utilizzare somme destinate al gruppo consiliare di appartenenza, non avendone né la responsabilità, né la disponibilità, né la quantificazione dello stesso, essendo solo l'altro consigliere l'unico delegato (da capogruppo) preposto alla gestione dei fondi stessi. Senza scendere in sterili discussioni - conclude Rappoccio - ritengo altresì che il rapporto dell'onestà non sia un optional da sbandierare a proprio piacimento come vessillo di garanzia, se non alla fine di sentenze definitive che spettano esclusivamente agli organi preposti, di cui riponiamo la massima fiducia".

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