di ALDO CASALINUOVO
Talvolta sembra non ci si ricordi a sufficienza della storia della nostra città e della nostra regione. Come si può pensare, infatti, nel 2022, a 52 anni dall'istituzione delle Regioni, di lanciare una proposta così divisiva, impraticabile e inutile - a fronte delle enormi problematiche economiche, sociali e, ora, globali che sono dinanzi a noi - come quella di portare la sede del Consiglio regionale a Catanzaro (sede, invece, per l'unico distratto, di presidenza, assessorati e uffici regionali collegati)? E di questo oggi ciò di cui ha bisogno la città ? E tutti noi abbiamo bisogno di rinfocolare le straordinarie tensioni di un'epoca buia e ormai sepolta per la nostra regione e di alimentare i più rozzi e sterili campanilismi? L'equilibrio istituzionale e territoriale che fu faticosamente trovato nel 1970 non può più essere messo in discussione e non c'è davvero alcun valido motivo per farlo. Quella fu una stagione dura e difficilissima per la nostra regione e, se posso avanzare qualche piccolo ricordo personale, rimangono in me, allora bambino, frammenti di memoria di quel periodo travagliato (ma anche carico di speranza), ovviamente vissuti in ambito familiare.
Una camionetta dei carabinieri sostava giorno e notte sotto la nostra abitazione, e le trasferte di mio padre a Reggio Calabria per le prime assise dell'assemblea regionale che presiedeva erano sempre vissute con grande apprensione in famiglia. E i racconti che io poi da lui ascoltavo erano quelli, sostanzialmente, di una sorta di zona di guerra, con macchine rigorosamente scortate dalle forze dell'ordine, l'impossibilità di muoversi liberamente, e una costante rivolta di popolo (fomentata dall'estrema destra) che metteva a serio rischio l'incolumità personale di tanti e in particolare dei rappresentanti istituzionali appena eletti. La bipartizione territoriale Giunta/Consiglio, com'è noto, non fu soluzione adottata soltanto in Calabria, ma anche in Abruzzo, con un altrettanto difficile (anche se non drammatica come nella nostra regione) ricerca di equilibrio tra L'Aquila e Pescara.
Oggi, a distanza di oltre mezzo secolo, quella è una pagina consegnata alla storia, frutto di un'epoca diversa, fatta anche di aspre contrapposizioni localistiche e di ideologismi estremizzati, e che in nessun modo, neppure indiretto e mediato, può essere riportata nella vita dei calabresi di oggi (o forse si pensa che basti un tratto di penna per cancellare e riscrivere l'assetto istituzionale della Regione?!). C'è bisogno nella nostra città di ricreare un tessuto economico e produttivo che generi ricchezza, di assicurare servizi adeguati, di programmare e portare a compimento infrastrutture che possano far crescere la città e proiettarla in un futuro virtuoso, di infondere fiducia nei cittadini e ridare autorevolezza al capoluogo regionale per ciò che esso è e può diventare e per come esso si andrà a proporre all'esterno. Lavorare, insomma, sui progetti e sulla visione di un futuro possibile, senza stuzzicare istinti anacronistici e, francamente, deprimenti, come se appunto la storia non avesse insegnato nulla. Guerre tra poveri (perché, ovviamente, grandi dissidi si innescherebbero) per un "pennacchio" che non migliorerebbe di un'oncia la vita dei calabresi e dei catanzaresi in particolare, non servono a nessuno. Guardiamo al futuro, allora, con lo spirito operoso e produttivo di far decollare la nostra città ed insieme la nostra regione, mettendo al bando i fantasmi del passato e le improduttive chimere dettate da un populismo davvero dannoso per tutti i calabresi di buona volontà.
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