"Il pacchetto di restrizioni inflitto nella notte del primo giorno di primavera ha preteso più di una riflessione per gli operatori del diritto".
Ad affermarlo sono coordinatore Osservatorio Carceri del Consiglio dell'Ordine Catanzaro, l'avvocato Felice Foresta, e il presidente del Consiglio dell'Ordine di Catanzaro, l'avvocato Antonello Talerico
"Si è necessaria, infatti, una chiave di interpretazione particolarmente elastica per comprendere come si debba declinare il concetto di essenzialità o, meglio, di inessenzialità di un’attività. E, con riferimento agli avvocati, per comprendere come un’attività apparentemente rientrante nel novero di quelle inessenziali si possa coniugare con lo svolgimento di quelle segmento residuale di amministrazione della Giustizia rimasta in piedi dopo la scure dei primi divieti governativi.
Ma, al netto di egoistiche considerazioni di parte, oggi si pone, anzi si si ripropone e s’impone una linea di intervento concreta, immediata ed efficace (con tutti i limiti che il concetto di efficacia presenta in questo momento) su una delle nicchie di umanità, comunque dolente, su cui sembra essere calato il silenzio: le carceri.
Nessuna presa di posizione a noi pare si sia registrata né da parte del premier Conte, né da parte del Ministro Bonafede, su un mondo, quello penitenziario, tra i più vulnerabili.
Eppure ci saremmo immaginati una soglia di attenzione, se non elevata, quanto meno percepita. E ciò stante la loro contiguità al tema, essendo entrambi giuristi".
Talerico e Foresta continua nel dire che "le carceri, si sa, hanno l’humus ideale per l'incubazione e la rapida diffusione di una patologia infettiva.
Sono ambienti asfittici, chiusi, in cui alligna il sovraffollamento e in cui le persone - perché, comunque, i detenuti sono persone con pari dignità umana di tutte le altre che stanno fuori - patiscono, spesso se non sempre, condizioni igieniche deficitarie.
Le carceri sono, dunque, lo strumento ideale per la propagazione del Coronavirus. Propagazione che sarebbe incontrollabile per la penuria di ambienti da destinare a luoghi di degenza asettica e di terapia intensiva.
Questa assenza di sensibilità sul rischio di contagio all’interno delle carceri sembra quasi aver fagocitato e consegnato all’indifferenza i fatti avvenuti nelle case circondariali di Foggia, Modena e Palermo, o i primi contagi tra i detenuti. E, soprattutto, la morte di Gianclaudio Nova, 51 anni, agente della polizia penitenziaria di Locri, deceduto per avere contratto il virus durante una missione di lavoro a Bergamo. E ciò a dimostrazione di quanto sia facile la diffusione del morbo per chi ha frequentazione abituale con le case di reclusione.
La morte dell’agente Nova ci pone davanti, dunque, in tutta la sua tragicità e in tutta la sua stringente urgenza il problema della sicurezza sanitaria nelle carceri italiane. Ove il Corinavirus dovesse propagarsi, nella sua devastante e drammatica forza mortifera, all’interno delle carceri si correrebbe il rischio non solo di un dissesto sanitario, ma di un collasso sociale inaccettabile.
Ecco perché dalla Calabria, che ha immolato la sua prima vittima all’interno del mondo carcerario, rivendichiamo e chiediamo che si adottino immediatamente, di concerto fra i vertici delle amministrazioni penitenziarie e sanitarie, le misure più estreme perché sia assicurata a tutti i detenuti, e al personale che con loro condivide un segmento delle loro vite, la massima protezione dal rischio di contagio.
Ma non solo.
E’ il caso di immaginare, infatti e da subito, interventi che decongestionino l’affollamento carcerario, affievolendo con criteri di gradualità le sanzioni detentive in atto con altre che, comunque, garantiscano la sicurezza sociale. E, comunque, che siano messi in libertà tutti i detenuti prossimi a concludere l’espiazone delle loro pene e le categorie di ristrettì più deboli".
È necessario, quindi,- è la riflessione del coordinatore Osservatorio Carceri del Consiglio dell'Ordine Catanzaro, l'avvocato Felice Foresta, e il presidente del Consiglio dell'Ordine di Catanzaro, l'avvocato Antonello Talerico- adottare tutti gli strumenti di deflazione della popolazione carceraria che la legislazione vigente consente. Ma è ancor più necessaria un’alternativa legislativa urgente che consenta la quanto più veloce riduzione della popolazione carceraria.
Nel mentre devono essere adottati quei protocolli terapeutici che possano fungere da schermo quanto più protettivo per gli ospiti degli istituti, fra quali si annovera una significativa presenza di immunodepressi e, quindi, di più esposti.
Non a caso è di qualche giorno fa il grido di allarme del segretario generale del Spp (Sindacato di polizia penitenziaria), Aldo Di Giacomo, secondo il quale la situazione, soprattutto nelle carceri del Sud, è al limite della sopportazione.
Quella che si sta conducendo oggi è una lotta impari per la quale abbiamo registrato un impegno straordinario di medici, personale sanitario, forze dell’ordine, protezione civile e amministratori locali. Cui va la nostra riconoscenza e gratitudine.
Deve essere, però, anche una battaglia di civiltà e di umanità che non escluda nessuno e, soprattutto, chi ha meno voce.
“L’amore della libertà è un fiore di prigione”, scriveva Heinrich Heine, poeta e avvocato tedesco di fine ‘700.
Nell’esprimere la nostra vicinanza alla famiglia dell’agente Nova e la nostra sincera solidarietà agli agenti di polizia penitenziaria e ai detenuti esposti al contagio del Covid-19- concludono Foresta e Talerico- esprimiamo il nostro più vivo apprezzamento per l’attività di prevenzione messe in atto dalle case circondariali calabresi. Ma, soprattutto, confidiamo che le carceri continuino a rimanere angoli di vita e di fiori, e non avamposti di morti annunciate".
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