di GABRIELE RUBINO
La decontaminazione delle ambulanze che hanno trasportato pazienti Covid negli ospedali di Catanzaro? In una tenda a Girifalco, a circa 30 chilometri di distanza. Le condizioni di sicurezza? Per gli autisti dei mezzi, e più in generale per l'equipe delle Pet (postazioni di emergenza territoriale) del 118, sono al limite. Già un gruppo di medici convenzionati che presta servizio sulle ambulanze del Catanzarese non aveva preso proprio benissimo la proposta di ottenere la tanto agognata indennità aggiuntiva (tolta dall’Asp) in cambio del trasporto di pazienti contagiati dializzati oppure di prelievi di tamponi (LEGGI QUI). Adesso sono più diffusamente le varie "squadre" (medico, infermieri ed autisti) ed essere preoccupati per la loro salute, arrabbiati per i trattamenti ricevuti dall’azienda e soprattutto per il “potenziale” pericolo che possono diventare loro stessi per la gente comune.
Lo strumento usato per la decontaminazione delle ambulanze
Partiamo con ordine. Al pari del personale ospedaliero, la squadra del 118 avverte di essere a rischio quando vengono trasportati i pazienti Covid. I casi, inevitabilmente, sono in aumento. Chiedono istruzioni su come comportarsi alla Centrale Operativa, ma spesso, lamentano alcuni dell'èquipe: “Il telefono ci viene chiuso in faccia o troppo sbrigativamente dall’operatore o dal medico di turno”. La decontaminazione delle ambulanze crea grattacapi.Il punto individuato è una tenda localizzata a Girifalco. Nonostante la maggior parte dei contagiati arrivi o all'ospedale Pugliese o, da pochi giorni, al Policlinico a Germaneto si deve necessariamente far tappa a Girifalco per rendere di nuovo "servibile" il mezzo dopo la sanificazione. Una perdita di tempo che allunga le attese per altri pazienti che in quel momento avrebbero bisogno del trasporto in ambulanza.
E sulla sanificazione ci sono pure dei dubbi. E' affidata direttamente agli autisti dei mezzi, i quali assicurano di "non aver ricevuto alcuna formazione su come operare". In pratica si aziona uno strumento che nel giro di pochi minuti in automatico emette una serie di sostanze disinfettanti all'interno dell'ambulanza. Dopodiché si lascia arieggiare. Attenzione, perché lo stesso mezzo utilizzato per un paziente contagiato, dopo il refresh, tornerà quasi sicuramente ad occuparsi dei casi ordinari. Un politrauma, un infarto e così via. “E se qualcosa nella decontaminazione fosse andato storto. Che succede, rischiamo di contagiare un altro paziente?”, fa notare un componente di un Pet del 118. Un problema che si associa al fatto che i dispositivi di protezione individuale vengono consegnati con il contagocce. Per questo, sostiene un operatore del 118: “Popolazione sveglia, così vi mettono in pericolo”.
E se questa è la contingenza legata all’emergenza, non passano mai di moda i problemi di “sempre”. Ambulanze che hanno tantissimi chilometri sul groppone e che puntualmente devono fare un pit stop in officina. Per non parlare del malcontento per i ritardi nel riconoscimento delle competenze accessorie o dei turni aggiuntivi fatti per carenza di personale. Insomma, il servizio del 118, in queste settimane difficili, è più che mai una polveriera
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