Coronavirus. Italia Nostra Lamezia invita i soci ad "amare e conoscere la nostra terra" e prende in prestito la frase di Dostoevskij: "La bellezza salverà il mondo"

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images Coronavirus. Italia Nostra Lamezia invita i soci ad "amare e conoscere la nostra terra" e prende in prestito la frase di Dostoevskij: "La bellezza salverà il mondo"
Il Ponte Romano di Annibale
  16 aprile 2020 12:22

"In questo momento di grande tristezza e anche di notevole preoccupazione Italia Nostra ritiene importante reagire e prendendo a prestito una bellissima frase di Dostoevskij dall' idiota "La bellezza salverà il mondo" vuole proporre ,anche se per pochi attimi ,l'attenzione sulle bellezze straordinarie di cui gode la nostra regione la Calabria e invitare tutti alla cura e alla salvaguardia del territorio e dell'ambiente. Se il mondo intero avesse prestato attenzione e cura a questi due grandi temi oggi di sicuro noi non saremmo  costretti a convivere con il coronavirus". E' quanto si legge in una nota di Giuseppe Gigliotti, presidente Italia Nostra Lamezia Terme.

"Amare e conoscere la nostra terra. Su questi temi la sezione lametina di Italia Nostra impegna i propri soci. Cominciamo dal Ponte Romano o di Annibale: - prosegue - tutto ciò fa bene al cuore.Uno dei ponti più antichi d’Italia,forse il più antico (monumento storico nazionale insieme al ponte Fabbrico dell’ isola tiberina del 69 a. C.), si trova in Calabria lungo il tragitto verso il mare del fiume Savuto. Alle pendici della Sila, nel territorio di Scigliano troviamo, infatti, il Ponte Romano detto anche di “Sant’ Angelo” o di “Annibale” costruito nel II secolo a. C. Il ponte, largo 3,45 metri, alto 11 metri e lungo circa 25 metri, faceva parte della via Popilia, antica via romana che venne costruita a partire da Reggio Calabria per raggiungere Roma dopo il congiungimento alla via Appia".

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"I romani, - si legge ancora - in virtù dell’ importanza dell’opera, lo costruirono in modo da sfidare il tempo e le intemperie, comprese le piene del Savuto edificando il ponte a secco, ad una unica volta, con due archi concentrici in tufo calcareo rosso (prelevato da una cava sulla parete di una collina vicinissima al ponte) che col tempo si è suturato con il calcare scioltosi dalle stesse pietre, tanto da formare un unico blocco. Il piano di calpestio lo costruirono  in muratura con pietre di fiume e pietra pozzolana. Accanto al ponte, ormai irrimediabilmente compromesse, sono visibili i resti di due garitte, utilizzate per riparare i soldati di guardia oltre ai ruderi di una vecchia casa colonica  in parte sede della chiesetta di Sant’Angelo".

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"L’antica tradizione popolare diede a questo ponte il nome di “Annibale”, denominazione del tutto errata dal punto di vista storico in quanto il condottiero cartaginese, - conclude la nota - all’epoca della costruzione del manufatto, riconducibile tra il 132 ed il 121 a.C., era già transitato dalla terra di Calabria quasi un secolo prima. L’altra denominazione, “Ponte di Sant’Angelo” è legata alla presenza di una piccola Cappella, dedicata al santo omonimo. Secondo una leggenda, si racconta che questi abbia sconfitto il diavolo proprio sul ponte e quest’ultimo per rabbia, tirando un calcio alla spalla destra del ponte, provocò una lesione. Tale lesione non è oggi visibile, poiché fu riparata durante il restauro avvenuto nel 1961".

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