di VALENTINA PIRRO'
Ad un anno dall’inizio della pandemia, si tirano le somme e spesso si ha la sensazione di essere sempre al punto di partenza, nonostante la esistenza di ciascuno abbia subito mutamenti radicali e forse irrimediabili.
Sono molte le questioni che le famiglie e i singoli hanno dovuto affrontare nel corso della crisi pandemica, crisi sanitaria, economica, sociale e, talvolta, forse spesso, per alcuni crisi esistenziale. Le famiglie e ancora prima le persone, hanno dovuto modificare le proprie abitudini. Dentro le case l’attenzione si è necessariamente spostata verso i figli, dai più piccoli, costretti ad approcciarsi ad un nuovo modo di vivere la scuola e la socialità, limitati a volte da ciò che per loro è linfa vitale: il contatto; agli adolescenti, le cui emozioni si sono amplificate e hanno sempre più trovato rifugio in un mondo virtuale che li ha adulati prima e poi inevitabilmente sovrastati.
I vari lockdown hanno alzato barriere spesso invalicabili, per cui le famiglie si sono ritrovate a dover ridefinire non solo le loro abitudini ma anche a ridisegnare i confini del loro spazio personale, sperimentando una dimensione di famiglia nuova e diversa rispetto al passato.
In questo contesto, che posto trova la coppia? Come hanno vissuto coniugi, fidanzati, conviventi, che nell’ultimo anno hanno trascorso le loro giornate fianco a fianco costretti spesso a lavorare nella stessa stanza, a gestire le didattica a distanza dei figli o comunque a subire uno stravolgimento del vivere quotidiano? Quale l’impatto sulle coppie di coniugi più anziani spesso sovrastate dall’angoscia di morte, essendo loro parte delle fasce più a rischio della popolazione?
Cosa succede quando lo spazio e il tempo perdono la loro connotazione di definizione delle routine? Quando i confini diventano improvvisamente sfumati?
Molte coppie nel corso della loro relazione, per i motivi più svariati, hanno evitato sempre di più l’intimità e la vicinanza affettiva, presi dal lavoro, dalla carriera, dai figli, oppure a causa di questioni che hanno a che fare con la propria storia personale.
La convivenza forzata, invece, per alcuni, ha fatto da cassa di risonanza a situazioni che nel tempo erano rimaste incistate, determinando un’omeostasi che improvvisamente è scoppiata.
Così anche le coppie più collaudate, hanno dovuto mettere a dura prova la loro relazione, misurandosi con la propria capacità di adattamento e la propria flessibilità, affrontando tematiche differenti a seconda delle fasi del ciclo vitale che i partner stavano affrontando.
E’ di qualche settimana fa la notizia che segnala un boom di separazioni durante li lockdown: “Più 60% di richieste di separazione” rispetto al 2019 (Ansa). Sembrerebbe che la convivenza forzata abbia determinato “un’esplosione emotiva” che ha portato il desiderio di allontanamento e la richiesta di separazione.
E’ cresciuto il conflitto alimentato dall’impossibilità di fughe inconsapevoli e non, è diventato insostenibile, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di un allontanamento. In alcuni casi ricorrendo all’aiuto di un terzo, talvolta un terapeuta, talvolta un avvocato, laddove spesso le famiglie di origine, che in molte occasioni fanno da contenitore alle difficoltà delle coppie, sono state lontane e a loro volta isolate. E’ emerso il bisogno di prendere le distanze, la necessità di definire chi sono io e chi sei tu, in una condizione in cui lo spazio dell’Io viene annullato. “Tutto pur di non stare in quella condizione”.
Ma che funzione ha il conflitto nelle relazioni e in che modo questo può essere colto come un’opportunità per la coppia?
Il conflitto rappresenta una modalità di relazione che permette di restare uniti pur rimanendo a distanza. Permette di non sentire il vuoto che divide le persone, ne sono un esempio le coppie separate da anni che continuano a farsi la guerra pur non stando insieme! A ben vedere, viviamo in modo che rinforza il mito dell’altro che colma le nostre mancanze, della metà che soddisfa i nostri bisogni, come se fosse impossibile bastarsi a se stessi. Questo non significa che solamente da soli si può essere felici, tutt’altro! Ma spesso la solitudine rappresenta un’occasione per riconoscersi, per sentirsi bene come individui prima ancora che come parte di una coppia.
Laddove questo sembra o è impossibile, ecco che è necessario allontanarsi e prendere le distanze da dinamiche relazionali distruttive, spesso ripetitive, che determinano un circolo vizioso dal quale si fa fatica a uscire. Il rischio, tuttavia, è che la distanza fisica non basti, così si continuerà a litigare pur stando lontani! “Le ho provate tutte, ma siamo sempre al punto di partenza” afferma scoraggiato un uomo nella stanza di terapia. Viene alla mente Sisifo e la fatica di sollevare un masso che torna sempre alle pendici del monte, rendendo vani tutti i suoi sforzi. Così il conflitto diventa una modalità che ferma il tempo evolutivo, una delle possibili forme per affrontare una crisi, laddove sembra non esserci spazio per una crescita. D’altra parte l’omeostasi, per definizione, rappresenta sicurezza e stabilità. Scoperchiare il vaso di Pandora richiede una grande capacità di tollerare la paura e l’incertezza che il cambiamento può evocare.
La crisi, allora, può essere letta come un’occasione per sperimentare una distanza che sì, evoca paura, ma che evidentemente prima non poteva essere pensata. Cosicché la rabbia e l’aggressività possano diventare forza motrice e creativa, foriera di cambiamento e non necessariamente fonte di distruzione. Un’opportunità potenzialmente importante per entrambi i coniugi per sentirsi coinvolti nel mondo emotivo dell’altro e per ricostruire la relazione coniugale su nuove basi, in modo da permettere a entrambi di sviluppare e soddisfare le proprie necessità.
Una relazione si sviluppa proprio attraverso continue ridefinizioni, un’unione è tanto più salda e matura quanto più si è coscienti di ciò che ci separa e che ci differenzia dall’altro. Solo così è possibile per la coppia riorganizzarsi e darsi la possibilità di esplorare i propri bisogni personali trattando argomenti delicati come dipendenza/indipendenza, autonomia all’interno del rapporto, opportunità di autorealizzazione, che hanno bisogno di essere aperti per riesaminare il contratto coniugale (Andolfi, 1999).
D’altra parte mantenere viva una relazione di coppia nel tempo è impegnativo e richiede il faticoso passaggio da un’intimità di tipo fusionale, che prevede la logica della metà da completare, al riconoscimento di due singolarità in grado di dialogare tra loro. In questa direzione, lo spazio di terapia rappresenta, per la coppia, un’occasione per conoscersi e riconoscersi.
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