Coronavirus. Lo studio dell'UMG sui dati dell'emergenza arriva fino alla Florida. Il prof. Veltri: "Come programmare i posti in terapia intensiva dal numero di infetti"

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Pierangelo Veltri
  18 aprile 2020 16:18

di GIORGIA RIZZO

Arriva dall'Università Magna Graecia di Catanzaro un contributo accademico allo studio dell'emergenza Covid-19 che sta tenendo impegnati atenei e gruppi di ricerca da tutto il mondo. Una proposta di analisi dei dati dell'attuale situazione epidemiologica che potrebbe aiutare il personale sanitario e amministrativo a stabilire misure di contrasto al virus. 

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Il lavoro in questione, intrapreso da Pierangelo Veltri, Pietro Hiram Guzzi e Giuseppe Tradigo, docenti dell'Ateneo di Catanzaro nonché membri della Società Scientifica Italiana di Informatica Biomedica SIBIM, è stato al centro del seminario tenutosi per via telematica fra UMG e Università della FloridaOn Covid-19 Data and Containment measures: Experiences on the Italian Emergency” lo scorso 14 aprile. 

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Il coordinatore del gruppo di ricerca Pierangelo Veltri, professore associato in Sistemi di Elaborazione delle Informazioni, spiega meglio i dettagli della ricerca.

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Professor Veltri, ci parli dello studio del suo gruppo di ricerca. Di cosa si tratta nello specifico? Cosa emerge dall'analisi dei dati?

"Faccio parte di un gruppo di Ingegneri accademici che si occupa di modelli e sistemi informativi applicati alla biomedicina. In pratica all’Università di Magna Graecia di Catanzaro – UMG – esiste da anni un corso di laurea in Ingegneria Informatica e Biomedica all’interno della Scuola di Medicina e Chirurgia. Qui la tecnologia si confronta quotidianamente con una eccellente scuola di medicina, clinica, biologia, ma anche veterinaria. In tema di Coronavirus abbiamo raccolto dati sull’andamento delle infezioni con la necessità di risorse, correlandole soprattutto in termini di posti di Terapia Intensiva, di presidi (ovvero mascherine e dispositivi adeguati alla gestione di pazienti covid-19) nelle strutture ospedaliere ma anche di risorse umane. Abbiamo anche fatto delle stime sugli effettivi infettati, con delle proiezioni anche sulla popolazione asintomatica e quindi non sottoposta a tamponi.Tutto ciò che riguarda dati ed informazioni (numeri, segnali, bioimmagini, ma anche processi nutrizionali) che impattino sulla vita delle persone, attira la nostra attenzione. I risultati su covid-19 sono stati pubblicati seppur in forma preliminare, e hanno trovato interesse presso il Dipartimento di Informatica della University of Florida di Gainesville. C’e’ molta attenzione e fermento quotidiano nel ricercare cosa fa la comunità internazionale in tema Covid-19. Anche le più prestigiose riviste hanno dato seguito a canali di pubblicazione preferenziali per aumentare la visibilità di risultati scientifici. Io, il Prof. Guzzi e il Prof. Tradigo abbiamo tenuto un seminario in video conferenza e presentato i dati della nostra ricerca. Siamo stati anche contattati da colleghi di altri atenei internazionali: penso che in questo momento tutta la comunità scientifica sia concentrata nel cercare di dare il proprio contributo ognuno per le sue competenze. Dai lavori è emerso sostanzialmente che è possibile legare il numero di infetti con le previsioni di posti e risorse in terapia intensiva, per una attenta programmazione. Ma non solo. Poiché il numero di pazienti infetti è molto probabilmente di gran lunga più elevato di quelli noti, anche la previsione e la pianificazione di risorse può esser meglio calibrata. Si tenga conto che questo studio fu fatto al 15 Marzo, e adesso stiamo preparando una versione aggiornata".

Come la ricerca in questo campo può essere utilizzata in ambito civile per la prevenzione o la cura? Quale riscontro avete avuto in questo senso?

"Da sempre cerchiamo di studiare modelli che aiutino nelle scelte. Ad esempio sulla base di quali criteri si pianificano le risorse e si ordina un certo quantitativo di mascherine e presidi? Come fa un Ospedale, una Regione, un Ente a dire compro 100 piuttosto che 1.000 piuttosto che 100.000? I nostri studi su correlazione di dati e sistemi geografici, ci ha permesso per esempio di correlare studi sul TSH nello screening neonatale con fattori ambientali. Come si pianificano le risorse per esempio ospedaliere per supportare la crescita demografica in estate? Cosi’ abbiamo preso i nostri modelli, i dati del fenomeno Covid-19, li abbiamo elaborati e fatto osservazioni geografiche e previsioni di fabbisogno, modificando la visione a livello regionale e di singoli distretti sanitari. Noi siamo Ingegneri di formazione, a supporto della parte medico clinica: un comparto che fa uso dei risultati della bioingegneria e della bioinformatica. Un altro esempio viene dal lavoro svolto dal Prof. Pietro Guzzi in collaborazione con colleghi Biotecnologi dell’Università di Bologna. Si sono concentrati sui  protocolli di cura per meglio comprendere il comportamento del virus con eventuali nuovi farmaci. Per inciso lo stesso lavoro ha trovato apprezzamento presso i colleghi del Dipartimento dell’Università della Florida ed anche presso alcune aziende in Italia che si occupano di Biotecnologie".

L'attuale emergenza sanitaria ha implementato ancora di più a livello mondiale i rapporti fra gli atenei. Il suo gruppo di ricerca e l'Università Magna Graecia di Catanzaro hanno da tempo un forte legame con l'Università della Florida. Qual è la situazione del mondo universitario e accademico in questo momento negli Stati Uniti da quanto ha potuto apprendere?

"Il gruppo di bioiongegneria dell’Università di Catanzaro, è composto da un gruppo affiatato di docenti di area Ingegneristica (non solo informatica ma anche robotica) molto apprezzato e con contatti a livelli internazionale. Abbiamo delle collaborazioni con molti atenei sia in Europa che negli Stati Uniti. Questo ci consente anche di permettere ai nostri studenti di trascorrere dei periodi di formazione all’estero. Ci sentiamo spesso con colleghi degli altri atenei che ci aggiornano sui loro studi e sulle misure di contenimento. Gli studenti del campus dell’Università della Florida, ad esempio, sappiamo che conducono ritmi di vita abbastanza regolari in quanto hanno numeri molto bassi di infetti covid-19 nella loro comunità. Nel contempo i docenti si stanno organizzando per fare lezione in teledidattica. Mi sento spesso anche con altri colleghi, per esempio dell’Università di Irvine in Caliornia, piuttosto che dell’Università di Washington, e ci confrontiamo sulla situazione. Ho notato una grande attenzione nei confronti dell’Italia e nell’esperienza che noi avevamo fatto. La società americana sembra avere reagito con una sorta di sottovalutazione iniziale del fenomeno, un po’ come in Italia all’inizio. Il Prof. Kavechi della Florida, meravigliandomi mi ha detto che in America non si trovino mascherine, mentre mi diceva che in Turchia, non solo hanno mascherine ma sono distribuite gratuitamente. Con lui abbiamo discusso dei problemi della delocalizzazione della produzione a livello mondiale"

Si sta discutendo molto della imminente fase 2. Dal suo punto di vista, date le sue conoscenze statistiche e il suo interesse scientifico per l'evoluzione del fenomeno, cosa dobbiamo aspettarci? Come può contribuire il suo ambito disciplinare?

"Prima di fare dichiarazioni predittive ci vuole molta attenzione e cautela. Dobbiamo aspettarci un consolidamento dei dati prima di fare affermazioni.Dai dati di questi ultimi giorni si può dire che cominciamo a vedere un rallentamento del fenomeno infettivo. Un po’ di ottimismo possiamo averlo.Quanto agli scenari futuri credo che una volta superata questa fase critica, il Covid-19 ci lascerà un nuovo modello di lavoro e di comportamento. Avremo  maggiore cura ed attenzione verso gli altri rispettando la distanza fisica di sicurezza. Avremo sistemi più efficienti e meno inquinamento. Su questi temi ci stiamo confrontando anche con colleghi degli altri atenei calabresi, per capire come la tecnologia informatica può dare un contributo a questi nuovi scenari. Da lato medico clinico, grazie alla nostra collaborazione con i medici e i biologi, all’interno dell’Università di Catanzaro  stiamo pensando di riutilizzare i nostri studi di screening e di prevenzione. I settori interessati vanno dall’otorinolaringoiatria, alla diagnostica per immagini,  alla neurologia, alla proteomica ecc, con una attenzione al rapporto tra dati ambientali e salute".

I dati della pandemia sono ormai al centro della comunicazione pubblica. Penso ad esempio alla conferenza stampa della protezione civile che quotidianamente annuncia nuovi contagiati, guariti e deceduti. Cosa ne pensa del livello di accessibilità al dato allo stato di cose attuali?

"I dati sono sorgenti di informazione molto utili. Bisogna saperli studiare, elaborare, utilizzare perché possano servire a migliorare la qualità della nostra vita. Facci un esempio. I dati sul traffico provenienti dai nostri smartphone aiutano a monitorare il traffico dando informazioni utili per i nostri spostamenti. Nonostante le emergenze, spesso le informazioni sono utilizzate per scopi non sempre “utili”. Nell’ambito della ricerca esiste una consapevolezza che la disponibilità dei dati messi a disposizione di chi riesce a studiarli in modo adeguato possono aiutare senza dubbio. Esistono i “contenitori” virtuali in cui caricare dati ed informazioni. Avendone disponibilità si possono creare in modo semplice  cruscotti informativi: avere i dati e integrarli aiuta sempre ad intervenire per tempo. Come si può fare anche con i dispositivi per il controllo remoto di parametri di salute per un eventuale pronto intervento in caso di peggioramento delle condizioni di salute del paziente. Certamente molta strada ancora c’è da fare per una migliore accessibilità alle informazioni sempre nel rispetto della privacy e del corretto uso dei dati sensibili".

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