«Che cosa aspetta la Regione Calabria ad attivare i poteri sostitutivi sul Comune di Vibo Valentia ed affrontare seriamente la questione del Centro provinciale per l’impiego, collocandolo in una sede idonea a seguito della dichiarazione di inagibilità della vecchia sede?».
Lo afferma, in un comunicato stampa, il consigliere regionale Antonio Lo Schiavo (gruppo “de Magistris presidente”) in relazione alla vicenda del Cpi di Vibo Valentia, la cui sede è stata chiusa nell’agosto del 2020, dal dirigente regionale delegato alla sicurezza sui luoghi di lavoro, e da allora non ha ancora trovato una sistemazione in grado di rispondere alle esigenze di lavoratori e utenti.
«Si tratta di una situazione grave - afferma Antonio Lo Schiavo -, già denunciata a gran voce da sindacati e lavoratori, e nonostante questo divenuta ormai insopportabile. Tanto più che la Regione Calabria, in forza del Piano straordinario di adeguamento strumentale e infrastrutturale dei Cpi, ha ottenuto importanti risorse che potrebbe utilizzare allo scopo di fornire agli uffici di Vibo Valentia la tanto attesa soluzione. È chiaro più che mai che a farne le spese è quella fascia debole e senza garanzie costituita da persone in cerca di occupazione e da lavoratori in attesa di ricollocazione, che vedono ridursi ancora di più la possibilità di entrare o tornare nel mondo del lavoro e sentono venir meno il loro legittimo diritto a fruire di un servizio indispensabile per l'implementazione delle politiche attive e per l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. Insieme a quelli subiti dall'utenza, non vanno sottaciuti i disagi che vivono i circa 30 lavoratori del Cpi, ancora costretti allo smart working, che non hanno pieno accesso agli strumenti di lavoro e perfino alla documentazione storica custodita dall’archivio rimasto nella vecchia sede. A soffrirne è, in ultima analisi, un intero territorio, quello vibonese, nel quale si registra un tasso di disoccupazione tra i più alti del Paese e che, ancora una volta, si vede vergognosamente marginalizzato da scelte incomprensibili e dall’inerzia da parte degli organismi deputati ad intervenire».
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