di TERESA ALOI
Ammicca. Alza e abbassa il sopracciglio. Mai lo sguardo fisso. Incassa, Matteo Salvini. Incassa il discorso di Conte, che, alla fine, annuncerà le dimissioni rimettendo il mandato al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Incassa, ma non senza rispondere con i gesti. A volte il linguaggio del corpo vale più di mille parole. Stretto nel suo vestito grigio, il ministro dell’Interno non si è mai sentito così “costretto”. Si mostra contrariato, come non esserlo. Insofferente. Si accarezza il mento e annuisce quando il presidente del Consiglio dei ministri parla di Politica con la P maiuscola. Mai applaudirà. E non guarderà negli occhi il vicino di banco neppure quando quest’ultimo gli sfiorerà la spalla con la mano. Solo una volta gli sguardi di Conte e Salvini si incroceranno. All’accusa di Conte di aver posto un’operazione di distacco dell’azione di Governo all'indomani del voto europeo e di aver trovato un pretesto per lasciare il governo Salvini, scuoterà la testa e a bassa voce, affinché il premier potesse sentirlo, gli replicherà: "Qui ti sbagli, amico mio".
Per il resto, solo gesti. E appunti. Tanti, quelli che prenderà dal suo scranno. Attende pazientemente il suo turno. Parlerà qualche minuto più tardi dai banchi della Lega, da dove è invitato a rispondere. E lì, alla sua gestualità seguiranno le parole.
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