Con 277 voti di preferenza, l’avvocato Serafina Cavaliere è stata in questa tornata elettorale la seconda degli eletti e prima tra le colleghe candidate.
“Tuttavia - scrive Cavaliere - il consenso largo e trasversale degli iscritti non è servito a garantire che la scelta degli avvocati si riflettesse nei ruoli apicali dell’Ordine. E così, mentre Giuseppe Gallo, Battiguglia e Migale si sono spartiti le cariche apicali, chi è stato scelto dalla stragrande maggioranza degli avvocati—Trocino e la sottoscritta—è rimasto fuori da qualsiasi posizione di vertice.
Il mancato rispetto del consenso espresso, mascherato da regole di maggioranza e da poltrone occupate per decenni da soli uomini, mette alla luce corsi e ricorsi di una cultura maschilista ancora fortemente radicata, anche in quei luoghi che , per naturale destinazione dovrebbero essere barlumi di tutela e parità.
Colpisce e ferisce, che neppure il passo indietro di Trocino, in un gesto di responsabilità e apertura, sia servito a restituire alla rappresentanza femminile il legittimo riconoscimento dovuto.
Emblematico che ancora una volta, le consigliere donne in Consiglio, elette tra le fila di Gallo e Rocca, abbiano preferito rispettare logiche spartitorie legate ad accordi preelettorali anziché votare liberamente nel rispetto di quei principi che fino al giorno prima predicavano, anche quando ricoprivano ruoli di rappresentanza in seno al CPO rinunciando con ciò, all’ennesima occasione di una rappresentanza apicale in quota rosa.
E già, perché per promuovere e garantire a parità di merito e competenze, gli stessi ruoli per anni assunti solo dagli uomini, abbiamo avuto bisogno di un imposizione, di un obbligo da rispettare “Le quote rosa strumento per promuovere la parità di genere, cercando di correggere squilibri storici che hanno visto le donne escluse da ruoli di potere”.
Ma anche questo per l’Ordine degli avvocati di Crotone, non è stato sufficiente a far rispettare la volontà del foro e riconoscere quella parità e quella opportunità, negli anni già strappata ad altre colleghe, frutto di schemi e retaggi culturali duri a morire, con la riproposizione di schemi maschili che si rivendicano a prescindere, quasi come fossero atti dovuti, da quegli stessi uomini che da anni occupano indisturbati le poltrone.
Ma la storia che si dimentica, è la memoria di un popolo che è destinato ad essere ridotto al rango di animale inferiore come diceva qualcuno!
Era già accaduto all’avv. Angela De Renzo, che votata con ampi consensi non abbia poi ricoperto il ruolo apicale della Presidenza; poi fu il turno dell’Avv. Caterina Marano la più votata della tornata elettorale 2023 sfiduciata senza motivazione nel luglio del 2024 in favore dell’Avv. Salvatore Rocca, dimessosi poi nell’aprile del 2025 insieme ai consiglieri oggi rispettivamente Presidente e segretaria dell’Ordine degli avvocati di Crotone.
Questa volta è toccato a me, la donna più eletta dall’avvocatura crotonese, alla quale è stato posto ogni veto e, in ordine alla Presidenza e, in ordine alla segreteria; ma i “ numeri” servono solo a chi li piega alle logiche di sempre.
Eppure il mio voto e quelle delle colleghe che mi hanno preceduta negli anni parla forte: “siamo state riconosciute, scelte, valorizzate dalle colleghe e dai colleghi che ci hanno votato ma non è stato mai abbastanza per ricoprire degnamente quella sedia proposta sempre e comunque “al consigliere anziano e di esperienza “ quasi che la nostra di esperienza, in quanto donne, fosse meno importante o peggio ancora di poco conto; pdestinate a quel velo di oblio che da tempo avvolge tutte noi e il nostro essere considerate ai margini di una narrazione storica, che si ripete nel tempo.
Secondo il rapporto CENSIS 2024, il 48% degli avvocati è di genere femminile e su 236.946 avvocati operanti in tutta Italia, ben 125.361 sono donne, quasi un paradosso in termini: L’avvocatura è donna, ma la parità è ancora lontana”.
Mi viene da pensare come a poco siano servite le lotte di Lidia Poet, la cui iscrizione all’ordine degli avvocati, fu annullata dalla Corte di Appello di Torino con motivazioni che, oggi, appaiono aberranti – ma non troppo. Tra le argomentazioni dei giudici viene evidenziata la cd. imbecillitas sexus, nonché l’asserita incapacità naturale della donna ad esercitare la professione, che è un pò la stessa incapacità naturale, oggi, attribuita a noi donne avvocate a ricoprire cariche apicali.
Il Diritto ahimè , non è neutro, è monoculare, è pensato ed applicato soprattutto in chiave maschile all’interno del quale dunque, sempre più difficile appare il raggiungimento dell’equilibrio di genere, sempre più avallato e consentito proprio dalle donne, ancora poco solidali e sempre meno complici.
È tempo che il foro di Crotone—e l’avvocatura—prenda atto che il valore e il merito non hanno sesso, ma visione ,coraggio e libertà di scelta. E la storia, se vogliamo davvero cambiarla, comincia da qui”.
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