di STEFANIA PAPALEO
Assolto in via definitiva in sede penale. Oggi assolto anche dal Csm. La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, presieduta da Fabio Pinelli, ha emesso la sentenza nella mattinata di oggi, così scrivendo il lieto fine alla storia giudiziaria che aveva travolto il magistrato Vincenzo Luberto, all'epoca in cui vestiva la toga di procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, a capo delle più importanti inchieste antimafia portate avanti al fianco dell'allora procuratore Nicola Gratteri.
Cadono quindi tutti gli addebiti disciplinari, dopo essere cadute le accuse di corruzione in atti giudiziari, omissione di atti d'ufficio e rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio, per mano dei giudici di Salerno, competenti a iudicare sui colleghi di Catanzaro.
Per Luberto, dunque, si ritorna alla normalità, con gli occhi puntati verso gli incarichi direttivi per i quali ha presentato domanda, certo di dimostrare in tutte le sedi la propria estraneità ai fatti che gli erano stati contestati. Così come poi è stato, gettandosi alle spalle la pesante accusa formulata dalla Procura di Salerno e secondo cui il magistrato avrebbe accettato denaro dall'ex parlamentare del Pd Ferdinando Aiello (anche lui assolto), sotto forma di pagamenti di soggiorni alberghieri, consentendogli, in cambio, di eludere le indagini della Procura di Catanzaro, omettendo di iscriverlo nel registro degli indagati e informandolo riguardo a indagini che lo riguardavano coperte da segreto istruttorio. Niente di tutto questo per i giudici che lo hanno processato, avendo ritenuto Luberto all'oscuro dei pagamenti incriminati, in quanto i versamenti eseguiti in favore delle strutture alberghiere "altro non erano se non parte dell'onorario che Aiello avrebbe dovuto versare alla moglie del magistrato, una dentista, per le cure odontoiatriche ricevute". Per quanto riguarda il reato di rivelazione di segreto d'ufficio, inoltre, la notizia coperta da segreto che Luberto avrebbe riferito, a detta dell'accusa, ad Aiello, "era già di dominio pubblico - secondo quanto è stato scritto nella sentenza d'appello - per essere stata pubblicata sulla stampa".
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