Ideatore del corsivo e del formato in ottavo, stampatore di 130 edizioni greche, latine e volgari, amico di Pico della Mirandola ed Erasmo da Rotterdam.
06 febbraio 2021 12:51di PAOLO CRISTOFARO
Presi dalle troppe notizie e dai troppi impegni di un presente frenetico, che ci spinge spesso a non riflettere e a non ricordare, di tanto in tanto occorre al contrario rievocare figure, storie, vicende di un passato che, seppur lontano, ha segnato l'evoluzione dell'uomo e della cultura stessa. E forse proprio chi si occupa di divulgazione e informazione ha il dovere, più di altri, di offrire la memoria di quel passato che ci ha fatti diventare ciò che siamo. L'invenzione del carattere corsivo, del formato "in ottavo", la stampa di 130 edizioni in greco, latino e volgare, la diffusione della cultura classica e la circolazione libraria tra Roma e Venezia che ha portato l'Italia ad essere la patria del libro nel Rinascimento: sono solo alcune delle cose che dobbiamo ad Aldo Manuzio, editore e fine umanista, scomparso il 6 febbraio 1515.
(Aldo Manuzio)
Aldus Pius Manutius il suo nome in latino e l'àncora col delfino la sua marca da stampa, accompagnata dal motto "Festina lente", cioè "Affrettati con calma". Si tratta, secondo gli storici, del marchio più famoso della storia dell'editoria mondiale. Fu amico e compagno di studi di Giovanni Pico della Mirandola, che gli affidò anche l'istruzione dei nipoti. Pare che la prima edizione stampata da Aldo fu una grammatica greca, intitolata "Erotemata", di Costantino Lascaris, ultimata il 28 febbraio 1495. Dalla famiglia di Pico della Mirandola, pare, siano arrivati ad Aldo i finanziamenti per un'importante edizione: le opere di Aristotele in 5 volumi. Tra gli autori che Manuzio contribuì a salvare e diffondere - la sua principale preoccupazione era la possibile perdita di contributi importanti della cultura classica - anche Aristofane, Tucidide, Sofocle, Senofonte, Demostene, Platone. La seconda edizione della Commedia di Dante, stampata da Manuzio nel 1515 a Venezia, fu la prima accompagnata dalle incisioni, fatto che la tramutò in una delle opere più ricercata al mondo dagli appassionati.
(Una pagina dell'opera di Aristotele stampata da Aldo Manuzio)
Nel 1494 vide la luce l'Accademia Aldina, a Venezia. "Manuzia gens eruditorum nem ignota hoc loci arte tipographic excelluit", "In questo luogo ebbe lustro il famoso gruppo di eruditi raccolti attorno a Manuzio dall’arte tipografica", riporta una dicitura latina sulla facciata dell'edificio veneziano dove visse l'Accademia; frase da attribuire a Daniele Manin, patriota italiano. Dell'Accademia fecero parte Pietro Bembo, (che curò l'edizione della Commedia di Dante edita da Manuzio) Girolamo Fracastoro, Giovanbattista Ramusio e persino Erasmo da Rotterdam (Manuzio pubblicherà gli "Adagia" di Erasmo nel 1508). Nel 1501 il grande editore stampò l'opera di Virgilio, che appariva per la prima volta in corsivo e in ottavo, innovazioni, come detto, introdotte proprio da Aldo Manuzio, con l'aiuto di un incisore e tipografo bolognese, Francesco Griffo (figlio d'arte, poiché il padre era orafo).
(Una pagina dell'Hypnerotomachia Poliphili, romanzo allegorico illustrato del 1499 di Francesco Colonna, stampato da Manuzio)
"In questa matina, hessendo morto zà do zorni qui domino Aldo Manutio romano, optimo humanista et greco [...] Et il corpo in chiesa di San Patrinian posto, con libri atorno ivi fo fato le esequie et una oration in soa laude per Rafael Regio lector publico in questa cità in humanità; et il corpo posto poi in uno deposito, fino si mandi via", scriveva il 6 febbraio 1515, giorno della morte di Manuzio, lo storico, politico e cronista veneziano Marin Sanudo. I parenti di Aldo continuarono l'attività tipografica che poi passo al figlio terzogenito, Paolo Manuzio. La stamperia chiuse i battenti nel 1590, ma le opere di Manuzio e il suo contributo per preservare e tramandare la cultura classica, sarebbero rimaste nella storia della cultura mondiale per sempre.
(La marca da stampa di Aldo Manuzio)
Circa la sua marca da stampa, l'àncora stretta da un delfino col motto, scrisse lo stesso Erasmo da Rotterdam, che ricordò due imperatori romani affezionati a quella frase ("Festina lente"), Augusto e Vespasiano, "affinché a quel che deve essere fatto concorrano la rapidità dell'azione e la lentezza della cura più meticolosa". Lo stesso Erasmo fa riferimento anche ad un'antica moneta che lo stesso Manuzio gli aveva mostrato, coniata da Vespasiano con sopra una facciata il volto dell'imperatore e sull'altra un àncora col delfino.
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