Cultura. Una passione immortale: Amore, Psiche e l'allegoria della ricerca della verità

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Amore e Psiche, Antonio Canova
  14 febbraio 2021 12:08

di PAOLO CRISTOFARO

«Prendi e sii immortale. Mai Amore ripudierà il vincolo che a te lo unisce. Da oggi voi siete uniti in matrimonio per l’eternità.» Recita così uno dei passaggi più belli de "Le Metamorfosi" o "L’asino d’oro" di Apuleio (Libro VI, 23), racchiuso nella celebre favola di Amore e Psiche.

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Stiamo parlando di uno dei romanzi più amati dell’antichità. La passione di Psiche per il suo Amore è osteggiata dalle divinità: mai due esseri diversi, l’una umana e l’altro immortale, figlio degli déi, possono unirsi in matrimonio. L’unica soluzione, alla fine di vicende travagliate, è quella suggerita da Giove che, seduto sul trono, dice, rivolgendosi a Venere: «E tu, figlia mia, non affliggerti e non temere che un matrimonio con una donna mortale possa recar danno al rango del tuo illustre casato. Io farò immediatamente in modo che queste nozze non avvengano tra sposi di condizione diversa». E dopo aver ordinato a Mercurio (Hermes) di condurre la fanciulla in cielo, porgendole un calice colmo d’ambrosia - essenza che la tradizione mitologica lega alle divinità, come d'ambrosia odoravano anche i capelli di Venere nell'Eneide - le dice: «Prendi e sii immortale».

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La soluzione sta dunque nell’innalzare la creatura umana al livello delle divinità. Tale indicazione non è assolutamente casuale. L’intero romanzo di Apuleio è l’allegoria di un cammino iniziatico, di un percorso di purificazione e di divinizzazione del protagonista, Lucio, che divenendo addirittura bestia, asino, per via di un sortilegio, riesce, dopo una serie di difficoltà e di prove, a riacquisire sembianze umane. L’incantesimo può essere sciolto soltanto in un modo: Lucio dovrà mangiare le rose sacre portate in processione dai sacerdoti di Iside. Va tenuto a mente che il nostro autore era un iniziato, legato proprio ai culti di Iside e ai rituali misterici (come da lui confermato nella sua apologia). Tali culti erano particolarmente diffusi in età classica sia in Grecia, che in Africa, che a Roma.  Mangiando la rosa, ovvero il simbolo della perfezione (non dimentichiamo Dante, che nel suo percorso iniziatico, la Commedia, raggiunge la "candida rosa dei beati"), Lucio ritorna umano e si salva. Un tema che si ritrova nell'Orazione sulla Dignità dell'Uomo, di Pico della Mirandola: l'uomo può scegliere se rimanere bestia o innalzarsi verso il divino, per mezzo della conoscenza. 

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Si potrebbe interpretare in questo senso anche la divinizzazione di Psiche, l'elevazione di un essere umano verso il mondo superiore. Tema caro a tutta una tradizione letteraria e filosofica. Il significato è, alla fine, proprio questo: soltanto percorrendo un cammino iniziatico di perfezionamento e di crescita interiore, l’uomo può allontanarsi dalla sua natura bestiale e innalzarsi spiritualmente ed intellettualmente verso il cielo, verso la perfezione degli déi, un po’ come Psiche, che si purifica e diventa immortale. Dietro una storia d'amore, per quanto emozionante, apparentemente comune, si cela l'amore per la verità e per la conoscenza. Quel muro di separazione tra Psiche e Amore, tra l'umano e il divino, che separa i sensi dalla verità assoluta e perfetta, non è che la stessa ombra di platoniana memoria, fondamento della filosofia di Giordano Bruno. Per quanto l'uomo desideri sapere e s'innamori della conoscenza, la verità sfugge sempre. Ma un po' come in amore, non è tanto il soddisfacimento del desiderio, quanto il desiderio stesso a tenere vivi gli uomini. Non è la verità assoluta che dobbiamo amare, quanto la sua eterna ricerca. Non a caso tanto in Apuleio, quanto in Giordano Bruno ricorre il mito di Diana e Atteone, il cacciatore che viene punito dalla dea per aver voluto osare oltre il consentito ai mortali. La sua caccia è emblema della ricerca della verità, sempre pronta a sfuggire.

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