Dagli esordi alle dimissioni: la storia poco eroica del generale Cotticelli nella sanità calabrese

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images Dagli esordi alle dimissioni: la storia poco eroica del generale Cotticelli nella sanità calabrese

  08 novembre 2020 14:00

di GABRIELE RUBINO

Appena si è presentato alla Cittadella regionale, era gennaio del 2019, Saverio Cotticelli nominato un mesetto prima dal governo Conte 1 (in quota Movimento Cinque Stelle) al posto di Massimo Scura ha saputo dire soltanto una cosa: "Legalità". Ai giornalisti che lo attendevano aveva rivelato che il primo incontro che aveva avuto appena sbarcato in Calabria era stato con il procuratore Nicola Gratteri. In fondo, come esordio ci stava: era stato indicato come capo di un servizio sanitario regionale in cui era stata sciolta per infiltrazioni mafiose l'Asp di Reggio Calabria (poco più tardi toccherà all'Asp di Catanzaro) e lui doveva fare da figura di rappresentanza della presenza del Governo. Al suo fianco hanno spedito un tecnico sui generis come Thomas Schael.

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I PRIMI INOTPPI CON IL DECRETO CALABRIA- Sedutosi al decimo piano della Cittadella, faccia a faccia con il presidente di allora, Mario Oliverio, acerrimo oppositore dei commissariamenti, all'improvviso il generale parlò anche dell'importanza delle piccole cose, come ad esempio qualche 'scrostatura' sull'intonaco delle pareti degli ospedali. Sarà stata la deformazione professionale da Nas, ma avrebbe presto scoperto che la sanità calabrese aveva ben altri problemi. Persona disponibile e genuina, non certo un cervellone in materia sanitaria sfornato da Agenas. Fin dalle prime settimane è stato subito chiaro che la mente grigia era il sub-commissario, mentre Cotticelli ci metteva la faccia e l'immagine. Poteva contare sul sostegno del ministro pentastellato Giulia Grillo e sul Decreto Calabria sfornato apposta per togliere alla Regione la potestà di nominare i vertici delle Asp e delle aziende ospedaliere. Il primo scouting fu affidato all'ingegnere tedesco che già aveva avuto un'esperienza all'Asp di Crotone e che adesso guida l'Asp di Lanciano, Vasto e Chieti. E proprio su quello che doveva essere il piatto forte della nuova gestione commissariale ci furono i primi intoppi. La primissima rosa selezionata dal manager perse molte pedine, anche perché Schael per motivi mai chiariti in pubblico si è dimesso a luglio. Il provvedimento emergenziale strutturato per durare 18 mesi era entrato in vigore a maggio 2019, ma il primo commissario straordinario si è insediato sono nei primi giorni di settembre: Giuseppina Panizzoli all'Annunziata di Cosenza, peraltro l'unica a cui in tempo sono stati fissati gli obiettivi di valutazione (altro pezzo del Decreto Calabria largamente inattuato). L'altra cordata di commissari straordinari, fra cui Giuseppe Zuccatelli che fu spedito a Catanzaro, arrivò solo a gennaio 2020. Il timing era già saltato.

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L'ADDIO DI SCHAEL E IL POCO CORAGGIO SUL PERSONALE- Tornando alle dimissioni di Schael, da quel momento in poi ci fu un cambio di atteggiamento anche nello stesso Cotticelli che rispetto all'iniziale spirito di apertura si racchiuse sempre più nel palazzo. Poi arrivata la crisi ferragostana del governo gialloverde, il Conte 2 scelse per un cambio al vertice della Sanità: via la Grillo e dentro Speranza. Pur nominata contestualmente all'addio di Schael la sua sostituta, Maria Crocco, molto vicina al pensiero dei burocrati del Mef che vigilano sui conti calabresi, arrivò a fine agosto. In breve tempo, anche lei è diventata il vero commissario ombra della sanità calabrese e con il tic ad allargarsi anche sul dipartimento reduce dall'esperienza nella Regione Abruzzo. Abituatisi all'odore dei sigari del generale, la presenza della Crocco è stata immanente. Per far capire la nuova religione di aderenza ai precetti delle tabelline emblematico è stato il Dca 135, il primo sulle assunzioni. Quello delle 429 "non nuove" assunzioni in realtà, piuttosto della ricognizione di vecchi decreti di autorizzazione adottati dal commissario Massimo Scura depurandoli da quelli che il tavolo di monitoraggio non aveva validato (LEGGI QUI). La plastica dimostrazione che gli ottusi diktat romani  sul personale sarebbero stati rispettati, nonostante la spesa del personale sia da anni al di sotto della soglia massima consentita: la famosa spesa del 2004 - 1,4%. Sul personale si è poi proceduto (a partire da dicembre 2019) ad un lunghissimo iter, iniziato a dicembre (e concluso di fatto solo nelle scorse settimane) con la determinazione del fabbisogno teorico delle varie aziende prima, salvo poi 'restringere' tutto con la fissazione nei paletti nel nuovo programma operativo 2019-21 che 'ammetteva' soltanto 493 nuove unità per tutto il servizio sanitario calabrese per una spesa aggiuntiva annua di appena 13,2 milioni di euro. Molto poco. L'autunno dell'anno scorso fu riscaldato anche dalla questione dei precari in scadenza di contratto (poi salvati dal governo modificando i parametri di stabilizzazione della legge Madia) entrati in un tipico conflitto in salsa calabrese, una guerra fra poveri, con gli idonei delle graduatorie. Non memorabile fu la 'puntatina' al Pugliese, dove alcune operatori portarono le taniche di benzina nella sede amministrativa dell'ospedale catanzarese (LEGGI QUI). 

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LA DELUSIONE SUL NUOVO PROGRAMMA OPERATIVO- Più in generale è stato l'impianto dell'intero programma operativo (di fatto, il documento di aggiornamento del Piano di Rientro) che ha deluso. In una equazione, Cotticelli sta al Governo come il programma operativo sta al Def (documento di economia e finanze). Se vuoi cambiare qualcosa devi scriverlo lì dentro. Invece, nessuno spunto interessante è partito se non l'ammissione che il dipartimento regionale Tutela della Salute non funziona. Nessuno slancio di politica sanitaria, nessun sostanziale ritocco al Dca 64, un decreto del 2016 che ancora oggi delinea la rete ospedaliera calabrese. Nessuna credibile azione sugli interessi passivi, sullo stock di debiti e sul contenimento dei costi sugli appalti beni e servizi. Per molti mesi si è vivacchiato, con riunioni e giusto qualche decreto di presa d'atto di inezie fra i pranzi da Pecco e il mogio rientro in caserma di sera. Quell'inerzia pressoché passiva è forse la principale responsabilità del generale, che progressivamente è rimasto isolato. Si è quasi rassegnato all'impotenza. Nel frattempo arrivavano le critiche sempre più diffuse dal mondo politico e sindacale, con una larga fetta degli stessi Cinque Stelle che hanno cominciato a mollarlo. Poi è arrivato il Covid-19.  

L'ULTIMA FASE E IL COVID- Con il Coronavirus il commissario ad acta si è inabissato. Cotticelli sostiene da tempo che c'è stato un difetto nell'ordinanza originaria della Protezione civile (interpretabile) che lo tagliava fuori dalla gestione dell'emergenza consegnando la delega di soggetto attuatore al presidente Jole Santelli. All'inizio il rapporto fra i due era buono e si spalleggiavano, vedi l'annuncio congiunto dell'anticipazione del taglio del superticket rispetto a settembre, poi in realtà mai attuato. Relazione che poi si è increspata e si è spezzata del tutto in estate, complice anche l'arrivo del nuovo dg del dipartimento, Francesco Bevere, al posto di Antonio Belcastro, che, fin da subito, ha eretto un muro fra i dirigenti regionali e la struttura commissariale. Non sarà un caso che il nuovo Decreto Calabria (LEGGI QUI) preveda esplicitamente un rapporto di subordinazione dello stesso manager regionale rispetto al nuovo 'super commissario'. Sulla pandemia, si è risvegliato giusto per approvare, a giugno, il piano del potenziamento delle terapie intensive e semi-intensive, su cui però non hai mai chiesto la delega come soggetto attuatore. Domenico Arcuri l'affiderà ai commissari delle aziende soltanto il 9 ottobre con un'ordinanza pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 16 ottobre. Un mese fa la terrificante riunione del Tavolo Adduce. 'Interrogato' per due giorni con i conti di nuovo in disordine (oltre 220 milioni lordi di disavanzo e 160 netti, su cui gravavano come una zavorra gli oltre 100 milioni spuntati da Mater Domini) e i Lea di nuovo in discesa per il netto calo nei flussi informativi. La minacciate dimissioni poi ritirate sembravano acqua passata. Ha scritto ai ministeri e anche lettere al presidente del Consiglio: una sorta di memorandum della sua esperienza. Fino alla fatale intervista andata in onda due giorni fa. Il suo destino era probabilmente già segnato, però c'è modo e modo di andare via. Il suo, finora, non è stato dei migliori. 

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